suburraA sinistra, il film dell’anno; a destra, solito prodotto komunista (con la k).


– a cura di Carlo Prosperi – Appena uscito dalla sala, avevo impressa una scena. Nella prima parte, Favino, parlamentare (di centrodestra), intrattiene dei rapporti sessuali -strafatto di droghe pesanti- con due escort, di cui una minorenne, indossando una vistosa croce celtica. A me -dato il cattivo gusto generale- ha riportato alla mente tanti aneddoti di amici e conoscenti cari alla citazione -tutta presidenziale- su come le donne non dovessero entrare in politica, ma la politica nelle donne.


Fuori dal linguaggio triviale, in un tripudio di sesso, criminalità rom, aria di periferia Nord e Sud della metropoli, Sollima, già autore di Romanzo Criminale e Gomorra, non ci consegna un blockbuster od un kolossal, ma un ottimo argomento di conversazione a tavola.

Le vicende dell’Amendola mafioso fra il Dubai Cafè di Settecamini e eleganti stanze vaticane ben si prestano ad essere accostate al Mondo di Mezzo governato dal Samurai Massimo Carminati, quella storia appassionante di Mafia Capitale che il circo mediatico-giudiziario ci ha raccontato meglio di quanto Roberto Saviano fosse stato capace con la criminalità organizzata campana.
Le storie di malaffare e corruzione sono rivoltanti e disgustose, ma i romanzi di network di potere fra Vaticano, palazzinari e politica tali da poter essere definiti “criminalità organizzata” lasciamoli negli scaffali. Roma tornerà presto al voto, e mostrare una certa antieroicità di personaggi squallidi, come già avvenuto nel serial tv
1992, una loro umanità di fondo è un grande sbaglio.
Il mondo fuori dalla criminalità viene ritratto senza regole, senza morale, senza codificazioni basate sull’onore e sulla fedeltà.

Amendola, boss dei boss capitolini, vuole la pace, evita le morti, ha atteggiamenti paterni.
Favino viene ritratto con un egoistico senso di sopravvivenza. Elio Germano, organizzatore di eventi mondani, sacrifica gli affetti per ritornare alla propria quotidianità.
La galassia criminale ha un proprio senso di eroicità, dei Don Quijote fra Ostia e Porta di Roma.

La capitale è marcia, la nazione intera è infetta. Sollima sbaglia a rendere umani i propri criminali, contro gli addetti ai lavori della politica che pensano solo ai propri tornaconti personali. Il realismo del prodotto non può permetterselo. La realtà è peggiore della finzione, e van ben oltre questa Mafia alla carbonara.