-di Andrea Rapisarda- Quest’anno nuovamente il ricordo dell’eccidio delle Foibe avverrà tra sentite polemiche, visto sia Pietro Grasso sia Sergio Mattarella hanno letteralmente snobbato l’idea di andare a ricordare i nostri martiri infoibati presso Basovizza. Un gesto simbolico dovuto sarebbe stato, poiché questo 10 Febbraio 2017 avrebbe toccato l’anniversario dei settant’anni dal genocidio italiano da parte delle forze titine e di alcuni partigiani nostri connazionali. Non c’è impegno importante che tenga davanti a un simile evento, spesso trascurato per motivazioni meramente ideologiche – peraltro infondate – e per non far apparire una certa sinistra con le mani insanguinate.
Fa rabbia osservare come le due più alte cariche dello Stato stiano trascurando questa triste pagina di storia italiana, magari rendendo più amaro il tutto facendo vedere l’attuale Presidente della Repubblica trovare il tempo di andare a fare il tifo agli azzurri durante Italia- Galles di rugby all’Olimpico. Sempre la stessa storia ogni anno, dove una certa sinistra nega ancora con ardore gli eventi drammatici legati alle Foibe ed evita – direttamente e non – che prendano piede cerimonie in ricordo dei martiri istriani. Amministrazioni cittadine rosse che negano la memoria, vietando conferenze o cortei riguardo alla sensibilizzazione verso questo evento storico… odio immotivato da definire “anti-italiano”, che scarseggia anche di motivazioni plausibili per giustificare le crudeltà di certi “nonni partigiani” sul territorio fiumano.
Il problema della memoria delle Foibe è alla radice, alla base di una cultura di sinistra incapace nel guardare ai propri errori e ammetterli anche a distanza di oltre mezzo secolo. Quanti docenti vicini all’Anpi e ai vari sindacati rossi negano questi eventi, portando sui banchi di scuola e nelle università delle rivisitazioni storiche che santificano le azioni di certi liberatori: appellare a titolo dispregiativo il popolo istriano come “fascista” ed espropriarlo della propria terra natale, appoggiando le crudeltà e gli interessi spietati del maresciallo Josip Broz Tito… ecco una faccia dei partigiani italiani, che si macchiarono senza scrupolo del sangue italiano per appoggiare le azioni jugoslave. Il volto di persone come Sandro Pertini, che nonostante la Presidenza della Repubblica italiana fu capace di baciare la tomba del carnefice dei propri cittadini.
E’ necessario – ora più che mai – un cambio di tendenza nella cultura italiana, cominciando proprio dal ricordare i nostri martiri. Siamo nel 2017 ed è inammissibile veder vigere ancora la logica di morti di “serie A” o di “serie B” nella storia della nostra società, infangando così la memoria dei caduti e ricordando solo determinate stragi per interessi politici o ideologici. Un cambiamento su cui dovrebbe mettere voce quella stessa politica che ora non tratta il problema della dignità del caduto, proponendosi lo scopo di raggiungere gradualmente quello stato di “pacificazione nazionale” tanto aspirato – da tanti intellettuali – dai tempi del Dopoguerra. E’ necessario chiarire certi avvenimenti e non provare a sotterrarli alla memoria, come in questo momento stanno provando a fare numerose istituzioni: è’ venuto quindi il momento di raccontare la nostra storia ai tantissimi italiani e soprattutto alle nostre più giovani menti, chiarendo le tappe che hanno contraddistinto le epoche – belle o cattive – del nostro Stivale.
Una visione alternativa – ma veritiera – che deve ripartire dall’Istruzione, cominciando a parlare nelle scuole della triste vicenda delle Foibe: è inammissibile come tanti professori evitino l’argomento nei programmi di storia liceali, per scomodità legate alla propria fede politica e l’imbarazzo di azioni perpetuate da personaggi affiliati ad associazioni vicine. Serve tornare a fare ricerca universitaria su certi periodi storici come questo, conducendo il tutto con lo spirito di andare a chiarire certi tasselli rimasti irrisolti agli storici e non alimentare ancora altro astio politico tra file delle opposte fazioni.
Lo status d’Italia unita passa anche dal riconoscere una storia comune dal nord al sud, non dimenticando unitariamente il sangue versato dai nostri antenati: serve un Paese che non scorda il proprio passato e tragga dalle proprie radici culturali le risposte per affrontare il futuro.