– di Alessio Marsili – “Il Presidente della Repubblica garantisce il rispetto della Costituzione. Mediante il suo arbitrato, assicura il regolare funzionamento dei poteri pubblici e la continuità dello Stato. È garante della indipendenza nazionale, della integrità del territorio […]”. E’ quanto recita l’articolo 5 della magnificente Carta Costituzionale francese del 1958, tanto peculiare quanto sopraffina opera d’ingegno politico del più grande statista della Francia repubblicana, generale Charles de Gaulle, che pone l’accento sull’elemento cardine della retorica statuale transalpina – verso la quale i francesi sono estremamente sensibili: l’indépendance nationale, traduzione politica della nozione giuridica di sovranità. Indipendenza e Nazione: la Francia. La decantata grandeur de la France, cui l’indipendenza nazionale ne costituiva il presupposto imprescindibile, a dir la verità, è oggi costantemente appannata dalla decadenza morale e culturale, da guai giudiziari che attanagliano universalmente la classe dirigente, dalla crescente disuguaglianza sociale, dal fallimento dell’assimilazionismo anti-identitario e lo Stato fatica a convivere con le minacce cui deve costantemente far fronte: sicurezza ed immigrazione incontrollata e illegale costituiscono solo la punta dell’iceberg, seppur centrali nei programmi politici dei principali candidati all’Eliseo. Verosimilmente, la potenziale impasse politica causata dalla potenziale cohabitation tra presidente e maggioranza parlamentare di segno opposto rende ancor più oscura ogni possibile previsione. In questo deteriorato contesto, in cui le categorie politiche tradizionali ed ormai desuete di “destra e sinistra”, arroccate su sé stesse, hanno mal gestito e volutamente manipolato l’Eliseo – tramite vincoli comunitari e non – si inserisce l’azione magistrale del Front National di Marine Le Pen; il progressivo seppur ininterrotto processo di superamento della dicotomia ideologica classica, il recupero della “Nazione” espressione della Francia profonda e tradizionalista, l’aspra lotta alla globalizzazione ed al capitale transnazionale hanno portato il Front National ad essere il primo partito di Francia. Come dicono i transalpini, bien Joué, Marine. “Non sarò la vice cancelliera della Merkel […] Indipendenza, per la quale sono morti milioni di nostri compatrioti, significa scegliere autonomamente, difendere le proprie tradizioni ed i propri valori, armarsi contro la sleale concorrenza internazionale, lottare contro le filiali di fondamentalisti islamici che pullulano e ristabilire l’integrità territoriale”. Non è un caso che Madame Le Pen insista su questi temi contingenti, così delicati, radicati nella cultura francese, usando questi toni trancianti, sfoggiando una invidiabile capacità espositiva ed infiammando l’opinione pubblica – incerta e trasversalmente divisa sul da farsi. Congiuntamente agli scandali giudiziari del candidato del centro-destra François Fillon, alla estrema frammentazione della sinistra e grazie ad una ineccepibile campagna elettorale ed una comunicazione politica davvero efficace, è pressoché certo che Marine Le Pen approdi al secondo turno della tornata. Temi, i sopracitati, trattati nel corso del duraturo dibattito televisivo tra i cinque principali candidati nella corsa per l’Eliseo, il cui successo è stato straordinario: uno share medio di circa il 48% ed oltre dieci milioni di spettatori incollati alla televisione – quasi un francese su due – palesano quanto, nonostante tutto, forte e viva permanga la passione per la politica dei nostri cugini transalpini. A cinque settimane dal primo turno delle elezioni presidenziali francesi, previsto per il 23 aprile, le incognite sono numerose e l’esito imperscrutabile; certo è che sarà una tornata elettorale di fondamentale rilevanza per l’Europa tutta, in uno dei membri fondanti l’originaria costruzioni comunitaria – e che precedono, inoltre, le elezioni federali tedesche di settembre. La strada rimane comunque in salita e per il FN la concorrenza è spietata: l’inaspettata combattività di Emmanuel Macron, leader di En Marche! non aiuta di certo. Il candidato indipendente viene, però, da una deludente esperienza governativa ed i risultati da lui conseguiti quando ricopriva la carica di Ministro dell’Economia sono pregiudizievoli. Pacatezza, autorevolezza, determinazione dei due principali candidati nel corso del dibattito, forti dei sondaggi che li danno certi al secondo turno si sono contrapposti ad un Fillon cupo, compromesso e delegittimato dallo scandalo penelopegate e ad un Benoit Hamon – candidato del Partito Socialista – che deve fare i conti con la pesante eredità di Hollande e di una gauche implosa. Istruzione, laicità dello stato, politica estera (Frexit e uscita dal comando militare integrato NATO tra i punti programmatici enunciati dalla Le Pen); sono stati molti i temi trattati ma le maggiori schermaglie hanno riguardato l’immigrazione – dove Madame Le Pen ha esposto la sua teoria sul controllo dei clandestini che prevede la riduzione degli ingressi ad un massimo di 10 mila individui, l’abbandono di Schengen, la sospensione dell’automatismo dei ricongiungimenti familiari e dell’acquisizione della nazionalità francese, l’eliminazione dello ius soli e della doppia nazionalità extra-europea, citando anche come caso negativo l’Italia. Un risultato, l’affermazione di Marine Le Pen, che appariva netto ed incontrovertibile; eppure è immediatamente partita una sospettosa campagna stampa mondiale da parte dei media mainstream che provano ad imporre la vittoria del pur bravo Macron nel dibattito televisivo – Andreotti diceva: “A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”. Insomma, la gara resta aperta, con Macron e Le Pen dati testa a testa che fanno affidamento su elettorati profondamente differenti; dopo la sconfitta dei populisti olandesi, nella settimana della celebrazione del sessantesimo anniversario dalla stipulazione dei Trattati di Roma, arriva contemporaneamente la notizia dell’attivazione dell’articolo 50 del TUE – che prevede il recesso dall’Unione – da parte della Gran Bretagna previsto per il 29 marzo. Il vantaggio del Front National viene demonizzato da Bruxelles; cosa avverrà in Francia – e se questo comporterà l’inizio della fine per l’Unione Europea – lo scopriremo presto.