Hilary-Benn-012– di Riccardo Boccolucci – Hilary Benn è il ministro degli Esteri ombra del Labour britannico, al momento sotto la leadership di Jeremy Corbyn.

Questo mercoledì si è tenuto uno dei dibattiti parlamentari più importanti degli ultimi tempi, quello per l’allargamento delle operazioni militari in Siria. Sicuramente il discorso che Benn ha tenuto di fronte alle camere riunite, ha contribuito all’approvazione finale della mozione, con ben 66 voti favorevoli provenienti dal Labour.

Era un po’ che non si vedeva un Labourista voler combattere i “fascisti” dello Stato Islamico – così Benn li ha definiti – ed è forse per questo motivo che il suo discorso è stato il più applaudito. Tranne da Corbyn, ovviamente.

Certamente il suo indice di gradimento all’interno del partito è lievitato in seguito al suo discorso, e le probabilità di vederlo come prossimo leader del suo partito sono sempre più elevate.

Di seguito pubblichiamo la trascrizione integrale del suo discorso in lingua italiana:

Mr. Speaker abbiamo assistito a un dibattito appassionato, e questo è giusto considerata la chiara e imminente minaccia proveniente da Daesh, considerata la gravità della decisione che abbiamo sulle spalle e sulle coscienze e considerando le decisioni di vita e di morte che dobbiamo prendere questa sera.

La domanda cui dobbiamo rispondere in questo conflitto davvero molto complesso è in fondo molto semplice. Che cosa dobbiamo fare, assieme agli altri, per affrontare una minaccia per i nostri cittadini, il nostro paese, gli altri paesi, che soffrono sotto il gioco, il crudele giogo, di Daesh?

Il massacro a Parigi ci ha portato in casa il pericolo chiaro e attuale che ci pone Daesh. Sarebbe potuto accadere a Londra, Glasgow, Leeds o Brimingham, e ancora può accadere. Penso che abbiamo il dovere pratico e morale di estendere le operazioni militari che facciamo in Iraq anche in Siria. Sono anche convinto, e lo dico ai miei colleghi, che le condizioni poste nella risoluzione d’emergenza adottata dal Labour alla conferenza di Settembre sono soddisfatte,

C’è una risoluzione dell’Onu chiara e senza ambiguità, la 2249, paragrafo 5, che chiede specificatamente agli stati membri di adottare tutte le misure necessarie per raddoppiare e coordinare gli sforzi in modo da prevenire e sopprimere atti terroristici commessi dallo Stato Islamico, e per sradicare le roccaforti che Daesh ha creato in molte parti dell’Iraq e della Siria.

Le nazioni Unite ci chiedono di fare qualcosa, e di farlo ora. Ci chiedono di operare in Siria come già facciamo in Iraq. E fu un governo Labourista che contribuì alla fondazione delle Nazioni Unite alla fine della Seconda guerra mondiale. Perché lo facemmo? Perché volevamo che i paesi del mondo, lavorando assieme, potessero gestire le minacce alla pace e alla sicurezza internazionale – e Daesh è senza dubbio questa minaccia.

[…] Ora Mr. Speaker, tutti capiamo l’importanza di porre fine alla guerra civile in Siria e ci sono alcuni progressi in corso grazie al negoziato di Vienna. Ci sono buone possibilità di ottenere almeno un cessate il fuoco. Questo potrebbe portare alla fine dei bombardamenti di Assad, a un governo di transizione e alle elezioni. Perché è vitale tutto ciò? Perché aiuterà a sconfiggere Daesh e perché potrebbe ai milioni di Siriani che sono stati costretti a scappare di fare quel che ogni rifugiato sogna: avere la possibilità di tornare a casa.

Ora Mr. Speaker, nessuno in questo dibattito parlamentare mette in dubbio la minaccia seria di Daesh e delle sue azioni, anche se a volte ci risulta difficile convivere con questa realtà. […] Allora la domanda per ognuno di noi, e per la nostra sicurezza nazionale, è: visto che sappiamo cosa stanno facendo, possiamo davvero tirarci indietro e rifiutarci di agire per difenderci contro chi sta pianificando questi attacchi? Possiamo davvero lasciare agli altri la responsabilità di difendere la nostra sicurezza, quando la responsabilità è nostra? E se non facciamo nulla, che messaggio invieremo riguardo alla nostra solidarietà verso quei paesi che stanno soffrendo molto, compresi l’Iraq e la Francia nostra alleata?

La Francia ci chiede di stare con lei e il presidente Hollande, leader del Partito socialista nostro fratello, ci ha chiesto assistenza e aiuto. Visto che stiamo facendo blitz aerei in Iraq dove Daesh sta un po’ indietreggiando e stiamo già facendo tutto il possibile tranne gli strike in Siria, non dovremmo farla tutta, la nostra parte?

Si è detto nel dibattito che gli attacchi aerei non servono a niente. Non è vero. Guardate come è stata contenuta la lunga marcia di Daesh in Iraq. La Camera ricorderà che, 14 mesi fa, si diceva: “Sono quasi arrivati a Baghdad”. Ed è per questo che abbiamo votato, per rispondere alla richiesta del governo iracheno di aiutarli a combattere. Guardate come la capacità militare di Daesh e la sua libertà di movimento è stata messa sotto pressione. Chiedete ai curdi di Sinjar e di Kobane. Gli airstrike da soli non sconfiggeranno Daesh, ma fanno la differenza. Perché stanno complicando la strategia di Daesh, e gli impediscono di allargare il suo stato. Condivido la preoccupazione espressa da molti sulle vittime civili. Però, a parte Daesh, nessuno di noi opera con l’intento di far male ai civili. Anzi, operiamo per proteggere i civili da Daesh, che se la prende con gli innocenti.

Sulla discussione sui “boots on the ground”, c’è stato molto dibattito sui 70 mila uomini sul campo e credo che il governo debba spiegare meglio questo numero. Ma sappiamo che la maggior parte di questi sta già combattendo contro Assad. Ma vi dico un’altra cosa che sappiamo, ed è che qualsiasi sia il numero – 70, 40, 80 mila – più aspettiamo a intervenire più Daesh ridurrà la dimensione delle forze di opposizione. Per questo dire che gli airstrike non devono essere fatti finché la guerra civile siriana non è terminata significa ignorare l’urgenza della minaccia terroristica che Daesh pone a noi e a tutti, e credo che falsifichi la natura e gli obiettivi che l’ampliamento delle operazioni aeree si propone. E dunque dobbiamo prendere l’iniziativa. Non c’è alcuna contraddizione con il tentativo di tagliare finanziamenti, armi e combattenti a Daesh, e certo dobbiamo dare aiuto umanitario, e certo dobbiamo dare riparo ai rifugiati, anche qui da noi, e certo dobbiamo impegnarci a fare la nostra parte per aiutare la ricostruzione della Siria una volta che la guerra sarà finita.

Ora, so che ci sono argomenti legittimi, e li abbiamo sentiti durante il dibattito, sul non prendere l’iniziativa adesso. Ed è chiaro che molti parlamentari sono combattuti, e lo saranno ancora, su quale sia la cosa giusta da fare. Ma io dico che la minaccia è adesso, e raramente, se non mai, esistono le circostanze perfette in cui fare un’operazione militare. Abbiamo ascoltato prima il discorso della parlamentare di Eddisbury (la conservatrice Antoinette Sandbach,) quando ha citato il passaggio, e vorrei rileggerlo, di quel che il rappresentante del governo del Kurdistan a Londra, Karwan Jamal Tahi, ha detto la scorsa settimana: “A giugno, Daesh ha catturato un terzo dell’Iraq nel giro di una notte e in pochi mesi ha attaccato la regione del Kurdistan. I bombardamenti del Regno Unito, dell’America e della Francia, e le azioni dei nostri peshmerga, ci hanno salvato. Ora condividiamo un confine di 650 miglia con Daesh. Li stiamo respingendo, e abbiamo appena ripreso Sinjar. Ancora una volta i bombardamenti occidentali sono stati vitali. Ma l’antico confine tra Iraq e Siria non esiste più, i combattenti di Daesh vanno avanti e indietro da questo confine fittizio”. E questo è per dire che dobbiamo trattare i due paesi come se fossero uno, se vogliamo essere seri nella lotta contro Daesh.

Ora Mr. Speaker, spero che la Camera mi conceda ancora un attimo, perché vorrei parlare direttamente ai colleghi del mio schieramento. Come partito ci siamo sempre caratterizzati per il nostro internazionalismo. Siamo convinti di avere responsabilità uno verso l’altro. Non abbiamo mai voluto né dovuto andare dall’altra parte della strada.

E qui di fronte a noi ci sono dei fascisti. Non c’è solo la loro brutalità calcolata, ma la loro convinzione di essere superiori a ognuno di noi qui stasera e alle persone che rappresentiamo. Ci disprezzano. Disprezzano i nostri valori. Disprezzano la nostra fiducia nella tolleranza e nella dignità. Disprezzano la nostra democrazia, questi strumenti stessi che usiamo stasera per prendere una decisione. E se c’è una cosa che sappiamo dei fascisti è che devono essere battuti. E’ il motivo per cui questa sera qualcuno ha ricordato che i sindacalisti e altri si unirono alla Brigata internazionale contro Franco negli anni Trenta. E’ il motivo per cui questa intera Camera si oppose a Hitler e a Mussolini. E’ il motivo per cui il nostro partito è sempre stato contro chi nega i diritti umani e la giustizia. E io penso, Mr. Speaker, che dobbiamo affrontare questo Male.

E’ il momento di fare la nostra parte in Siria. Così chiedo ai miei colleghi di votare per la mozione, questa sera.