-di Antonio Mennillo – Fare impresa è da sempre una vocazione del popolo italiano: l’abbiamo fatto costruendo sulle macerie della guerra, portando il Paese fra i grandi del mondo. Abbiamo continuato a farlo attraverso moltissime crisi, non ultima la Crisi globale, di cui ancora oggi paghiamo il prezzo. L’impresa italiana ci ha in qualche modo consentito di sopravvivere in questa tempesta, ma ad un prezzo altissimo. Sia in termini di realtà perdute, che di posti di lavoro. Eppure l’Italia non ha ancora avuto l’occasione di esprimere tutte le sue potenzialità: l’imprenditoria italiana, appesantita e incatenata dai viticci della burocrazia, chiede soltanto una cosa: un po’ di respiro. Sul solco delle esperienze del passato, dovremmo riordinare l’elefantiaca legislazione vigente; dovremmo semplificare, alleggerire, il percorso di chi vuol fare impresa. In un mondo che, oggi più che mai, richiede duttilità e velocità, tutto ciò è un imperativo: aprire un’attività, oggi, significa attendere fin troppi giorni, ed avere a che fare con documentazioni superflue, raramente digitali. Allo stesso modo, non si può pretendere che l’imprenditore possa lavorare e dare lavoro, con l’eterna spada di Damocle sulla testa: l’odiata Patrimoniale. Perché, per quanto forse oggi se ne parli meno, possiamo veramente escludere che non si ripresenterà, a colpire i cittadini già così tanto provati? Ancora oggi vediamo antiche soluzioni, cure peggiori dei mali: ed ecco ripresentarsi l’odioso aumento dell’IVA, ricetta preferita delle sinistre, e anche l’attuale governo che probabilmente la porterà al 25%, con la legge di bilancio del 2018, questo è il vero veleno per i consumi. In un momento storico in cui tutti parlano di alleggerimento della pressione fiscale, dove sono le misure veramente efficaci? Dov’è l’azzeramento dell’IRAP, l’imposta regionale sulle attività produttive? L’IRAP punisce l’impresa italiana, gravando proprio sul reddito lordo del costo del personale; e, cosa addirittura peggiore, spesso grava anche imprese in sofferenza, peggiorando la loro situazione. L’impresa italiana è fatta di un tessuto complesso di piccole e media imprese: dobbiamo aiutarle abbassando le tasse sul lavoro così come proposto dall’attuale premier Gentiloni, aiutare gli artigiani, aiutare i lavoratori autonomi: questa è la vera ricetta per far ripartire l’economia. E come tutte le ricette semplici, può essere quella vincente. Urge quindi semplificare gli adempimenti amministrativi a loro carico, ed anche quelli fiscali; è necessario che un aiuto economico arrivi ai territori, favorendo le reti d’imprese, magari anche con interventi della Cassa Depositi e Prestiti. E che dire delle cosiddette startup? Se vogliamo restare all’avanguardia, dobbiamo istituire una nuova rete di vantaggi fiscali per le imprese dei giovani imprenditori. E’ un rilancio che non deve riguardare solo i settori storici del settore secondario: oggi c’è un ritorno dell’interesse giovanile verso l’agricoltura, e la produzione alimentare italiana è sempre più rinomata all’estero. Solo riavviando questo potentissimo motore, potremo pensare di rivitalizzare il Paese: dobbiamo solo togliere la ruggine ed i pesi inutili.