A cura di Nicola Tancredi – Nel tempo dei diritti civili al servizio della globalizzazione, il nostro Senato si trova a votare sul cavallo di battaglia della sinistra italiana. Declassare il diritto di sangue in una mera pratica burocratica trova nell’istinto anti-italiano che si respira da tempo, il suo naturale sfogo. Peccato però, che viviamo in un periodo storico inopportuno per la convergenza di quattro fattori; immigrazione incontrollata, terrorismo, disoccupazione giovanile e calo delle nascite. Siamo difronte a un atto ideologico senza ovvietà se non quella di aderire ai diktat dell’oligarchia mondialista. La globalizzazione, il “progresso” che avanza, vuole un uomo libero dalle Patrie, confini, radici e dal senso di appartenenza. Una società globale e multirazziale libera dagli Stati a cui non è impedita la libera circolazione di capitali, merci e uomini. L’Italia ha aderito a tutto questo con i trattati di Maastricht prima e Lisbona poi; i capisaldi dell’Unione Europea. La cittadinanza viceversa, è la legge dell’appartenenza. Essa è un sentimento che parte dalla condivisione di valori comuni e che rendono possibile a una comunità di esistere e preservare i propri tratti identitari. L’identità è il filtro alla globalizzazione. Privilegiare chi si rende più omogeneo per cultura alla nostra identità e alle nostre tradizione non è sinonimo di razzismo, ma normale buonsenso. Globalizzazione e cittadinanza sono oggi tra loro contrastanti e lo ius soli altro non è che il tassello finale del programma sovranazionale che mira a disfare i capisaldi della società; Stato, famiglia e identità. Essere contrari allo ius soli non vuol dire essere “antistorico”, perché non sempre il progresso è sinonimo di civiltà. Nei paesi europei che hanno adottato lo ius soli, esso ha fallito nel momento in cui nei vari quartieri delle città europee genti diverse non si sono integrate all’orizzonte culturale europeo. Viceversa si sono resi protagonisti della disintegrazione della società autoctona lasciando spazio al mosaico del melting-pot. Non sono pochi i quartieri europei in cui è emersa l’esistenza di tribunali della Sharia che a discapito dell’ordine costituito, amministrano la giustizia tra i membri della comunità secondo i principi della loro fede. Un’analisi maggiore di fronte ai quattro fattori sopraindicati avrebbe dovuto far riflette e desistere dall’ideologia la sinistra al potere. Forse, sarebbe il caso di pensare che la cittadinanza burocratica sarebbe un’ulteriore incentivo ai flussi migratori; un’ulteriore aiuto al business dell’accoglienza a discapito della sicurezza di chi emigra. Inoltre, alla luce degli ultimi attentati di matrice islamica e della forte “radicalizzazione” presente in Europa, sarebbe il caso di pensare che esista una forte connessione tra terrorismo e immigrazione. Quante volte abbiamo sentito dire che l’attentatore era britannico, belga oppure francese? Coltivare i seguaci di Allah in casa senza possibilità di espellerli, è un rischio che la nostra Nazione non può correre. Infine, difronte ai dati allarmanti della denatalità italiana, quello dello ius soli appare una manovra a sostegno della sostituzione etnica che, dati sui flussi migratori alla mano, probabilmente è già in atto con tutto quello che ne deriva a livello sociale, politico e in futuro a livello elettorale. Sarebbe stato più opportuno adottare politiche d’incentivazione nascite per le giovani coppie italiane. Magari, oltre al bonus bebè, attuare politiche di stabilità occupazionale dei giovani e quindi una stabilità economica. Ma questo, ai tempi del politicamente corretto, sarebbe un atto sovversivo. Prepariamoci, l’Occidente cadrà dal suo interno. Come ogni Impero.