hofer– A cura di Alessio Marsili – “Cari amici! Vi ringrazio per il vostro fantastico sostegno. Ovviamente oggi sono triste. Mi sarebbe piaciuto difendere per voi la nostra splendida nazione da Presidente. Vi rimarrò fedele e darò il mio contributo perché l’Austria possa avere un roseo futuro. Vi prego di non essere avviliti. Gli sforzi per queste elezioni non sono perduti, ma sono un investimento per il futuro”. Appassionata, incisiva, e distintamente elegante: una dichiarazione, seppur breve, degna di un candidato “presidenziale”, con la quale Norbert Hofer ammette la risicata sconfitta e ringrazia gli oltre 2 milioni di elettori. Ad un passo dal divenire Presidente della Repubblica, lo sconfitto ha dichiarato che ci riproverà fra sei anni.

In conformità con i dati diffusi dal Ministero dell’Interno austriaco, l’affluenza ha raggiunto livelli record, essendosi recati alle urne il 72,7% degli aventi diritto. Lo scarto con il quale il candidato indipendente – ex leader dei Verdi d’Austria, professore di economia, fumatore incallito, ateo ed ex-massone – Alexander Van der Bellen si è aggiudicato la tornata elettorale è minima: poco più di 30.000 voti per corrispondenza. Complessivamente, il neopresidente si è assicurato il 50,03% dei suffragi mentre Hofer il 49,97. Il candidato del Partito della libertà austriaco – Freiheitliche Partei Österreichs, abbreviato in  Fpö – ci è andato davvero molto vicino; fino a qualche mese fa sconosciuto ai più, già ingegnere aeronautico ed in politica dal 1994, Hofer ha rapidamente conquistato le luci della ribalta per la faccia pulita, i toni rassicuranti e le posizioni moderate. I contenuti decisi, nel rispetto dei principi fondanti del partito, sono stati trasmessi in maniera pacata e chiara senza l’aggressività tipica dei leader dell’Fpö che ha sempre allontanato (spaventandolo) l’elettorato. Il malcontento popolare per l’immigrazione anti-identitaria era, e continua ad essere, molto forte giocando inevitabilmente a suo favore.

Occasione proprizia, opportunità sprecata. Il dato politico è oggettivo e dall’ineccepibile rilevanza: 1 austriaco su 2 ha votato per la Destra “ultranazionalista”, euroscettica ed anti-immigrazione. La spaccatura in una società ritenuta aperta, storicamente votata al multiculturalismo, oggetto di emulazione da parte di innumerevoli classi politiche europee e non, costituente un esempio per le attuate politiche di integrazione, è trasversale. Per sconfiggere Hofer sono stati necessari i voti per corrispondenza, le minacce non particolarmente velate degli euro-burocrati di Bruxelles e gli interventi di “indirizzamento” del risultato elettorale ad opera dei partiti tradizionali – popolare e socialdemocratico. Universali i cori di giubilo per la scongiurata emergenza democratica: il circo mediatico della sinistra è immediatamente ripartito. Metà popolo austriaco, dapprima invidiato, viene ora “accusato” di aver dato il proprio consenso a degli xenofobi, razzisti, populisti, neonazisti e via dicendo; ma un dato significativo – riscontrabile anche dall’analisi del voto ad altre formazioni partitiche come il Front National – è il fatto che oltre l’80% dell’elettorato operaio si sia rivolto ad un partito così a Destra.

La sconfitta morale per l’Unione Europea, dunque, è evidente e pesantissima. Mezza Austria è contro questa Europa caratterizzata dal relativismo dittatoriale, dall’apertura alla commistione con altre culture come ultimo tentativo di difesa, dall’imposizione unilaterale del concetto di “politicamente corretto” che mina l’ “autoctono”, ed incomprensibilmente ideologizzata. Nonostante Vienna abbia lanciato un ulteriore monito, quanto accaduto oltralpe non è un caso isolato. Sono, infatti, molte le forze politiche di destra in esponenziale ascesa che stanno prepotentemente affermandosi sulla scena internazionale: dalla Bulgaria alla Svezia, da Grecia e Germania – noti sono i casi di Alba Dorata ed Alternative für Deutschland – passando per Francia e Polonia, dove le forze conservatrici hanno percentuali ben superiori al 20%. Il voto austriaco è più importante di quanto si creda ed il fatto che milioni di cittadini stiano rispondendo con l’arma della democrazia ad una certa idea dell’Europa è indicativo: Bruxelles comprenderà? E’ necessario un celere cambio di rotta. Il rischio è che, al posto della via elettorale, siano le leggi dell’economia e la rabbia popolare – che si manifesta nelle piazze e nelle strade, e che il più delle volte comporta lo scorrimento di sangue – a sconfiggere il “mostro”. La palla passa ora al popolo britannico.