– Riceviamo e pubblichiamo a cura di Donato Bonanni – Il lavoro accessorio (i cosiddetti buoni lavoro) è stata un’efficace soluzione di contrasto al lavoro nero e una occasione per favorire l’accesso al mercato del lavoro di giovani studenti, di disoccupati di lunga durata, di lavoratori disabili, di pensionati e in generale di quelle categorie a rischio di esclusione sociale, che comunque attraverso il lavoro occasionale regolare si mantenevano in attività lavorativa. Il caso belga e quello francese rappresentano il primo esempio di diffusione sperimentale del lavoro occasionale nel mondo dei servizi alla persona con una duplice finalità: emersione del lavoro irregolare; conciliazione tra vita professionale e vita familiare e dell’assistenza alle categorie deboli quali i bambini, gli anziani e le persone non autosufficienti. Nel 2001 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (con il contributo di un gruppo di esperti in materia coordinato dal prof. Marco Biagi) predispose il Libro Bianco sul mercato del lavoro che evidenziava come l’utilizzo di “nuove e moderne tipologie contrattuali” potesse essere fondamentale e decisivo per sconfiggere la piaga del lavoro irregolare e per rendere la società più dinamica e attiva. Nel 2003 il Legislatore introdusse il lavoro accessorio per retribuire quelle attività lavorative di natura meramente occasionale ed accessoria svolte da soggetti a rischio di esclusione sociale in determinati ambiti, quali i piccoli lavori domestici a carattere straordinario, l’assistenza domiciliare alle persone bisognose e “fragili”, gli insegnamenti privati supplementari, i servizi di giardinaggio, le pulizie, le manifestazioni sportive, culturali e caritatevoli. Dopo un primo periodo di stand by, nell’estate del 2008 i voucher sono stati utilizzati sperimentalmente per le vendemmie di breve durata ed a carattere saltuario da parte di studenti e pensionati. Negli anni successivi lo strumento giuridico è stato oggetto di continue misure legislative che hanno stravolto il contenuto dell’impianto originario della Legge Biagi con l’evidente estensione degli ambiti oggettivi e soggettivi. Dai dati statistici INPS (ottobre 2016) si ricava che, al 30 giugno 2016 sono stati venduti ben 347,2 milioni di voucher di importo nominale pari a 10 euro e la tipologia di attività per la quale è stato complessivamente acquistato il maggior numero di buoni lavoro è il Commercio (circa il 17%) senza trascurare un altro dato importante che è quello rappresentato da “altre attività” (tra queste ad esempio l’edilizia) con una percentuale pari al 37%. Interessante anche sottolineare che la classe di età che maggiormente utilizza i voucher è quella 19-35 anni ovvero quella platea di lavoratori vittima delle recenti riforme del lavoro, compreso il Jobs Act, che ha incoraggiato e incentivato maggiormente gli over 50, come certificato dai dati INPS e ISTAT. Il Governo (compresa una buona parte della maggioranza parlamentare) dovrebbe conoscere e verificare i dati statistici sull’occupazione prima di fare una campagna mediatica inopportuna pur di accontentare la sinistra e la CGIL (maestri storici della retorica sulla precarietà del lavoro) e di decidere, attraverso lo strumento della decretazione d’urgenza, la cancellazione di una tipologia contrattuale necessaria nel mercato del lavoro e vitale per una società più attiva e dinamica.

Piaccia o non piaccia, il lavoro occasionale continuerà ad esistere anche senza una norma giuridica e ogni giorno quelle categorie svantaggiate continueranno a prestare il proprio servizio per qualche ora facendosi pagare in nero. Altro che emersione del lavoro irregolare! Pensiamo alle persone disabili che hanno la possibilità di lavorare per 2-3 ore al giorno per sistemare i scaffali di una biblioteca o di un negozio e guadagnare 200-300 euro al mese per contribuire al bilancio della propria famiglia o ai detenuti che vengono utilizzati occasionalmente per svolgere un servizio di catering o di giardinaggio di cooperative fuori dalla strutture carcerarie. Con la cancellazione dei voucher, studenti, pensionati, persone che hanno necessità di avere orari e tempi di lavoro molto flessibili per le loro esigenze di vita, non potranno avere questa flessibilità. Dall’altra parte, famiglie ed altri soggetti che vorranno ricorrere al lavoro occasionale di poche ore, dovranno farlo irregolarmente.

Il mondo del lavoro è fatto anche di queste attività eccezionali e saltuarie svolte da persone che non vogliono essere escluse dalla comunità. Pertanto, l’unica ricetta possibile è quella di “rigenerare” i voucher per una società più attiva, inclusiva e dinamica.