A cura di Tommaso Taramella – Premesso che un’analisi oggettiva non può non tener conto del fatto che l’Italia è dentro una crisi economica che dopo otto anni attanaglia ancora privati e imprese i quali si trovano in difficoltà nei confronti degli istituti di credito, premesso che non bisogna cedere a facili derive giustizialiste. Fatte quindi le dovute premesse, però leggendo i nomi dei maggiori debitori del Montepaschi usciti in questi giorni non si può non notare un capitalismo relazionale anomalo, una mancanza di controllo, un rapporto malato con il territorio, con le cooperative e con la politica. Un nome su tutti, l’ingegner De Benedetti, tessera n1 del PD. La società energetica Sorgenia, che faceva capo alla famiglia De Benedetti e che oggi è controllata dalle banche creditrici con Mps primo azionista, si deve ritenere veramente fortunata perché mentre alla stragrande maggioranza delle imprese italiane non veniva concesso del credito se non a condizioni decisamente poco vantaggiose, questa si è vista concedere ulteriore credito proprio dall’istituto senese pur avendo già forti debiti con le banche, Mps compresa. Al Montepaschi evidentemente peccano per eccesso di fiducia. Peccato però che tendono a fidarsi solo degli amici e degli amici degli amici. Un altro nome certamente degno di fiducia è Mezzaroma, costruttore romano, proprietario del Siena Calcio sponsorizzato proprio da Mps, che ha portato i propri dissesti finanziari nell’istituto senese. Ma i nomi di chi ha goduto di prestiti diciamo quantomeno generosi continuano e spaziano dagli immobiliaristi agli armatori campani, dalle municipalizzate alle cooperative rosse, entrambe evidentemente mal gestite e fatte sopravvivere per alimentare il consenso politico. Ora spostiamo l’attenzione dai nomi e dai numeri per evitare quell’atteggiamento morboso che lasciamo ad altri. Leggendo queste storie, mi è tornato in mente “Il Banchiere dei poveri” un libro che consiglio di leggere e che racconta la storia di Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace nel 2006, economista e banchiere bengalese. È fondatore della Grameen Bank e ideatore e realizzatore del microcredito moderno, ovvero di un sistema di piccoli prestiti destinati ad imprenditori troppo poveri per ottenere credito dai circuiti bancari tradizionali. Da direttore del Dipartimento di Economia dell’Università di Chittagong (Bangladesh) Yunus parte da due critiche. La prima rivolta al sistema universitario: “Credo fermamente che l’università non debba essere una torre d’avorio, dove pochi intellettuali si ingegnano a raggiungere vette sempre più alte di conoscenza, senza mai condividere con il mondo che preme ai suoi confini.” La seconda rivolta al sistema bancario: “Abbiamo osservato come lavorano le altre banche e abbiamo fatto l’esatto contrario.” In effetti quando ha visto quali erano le percentuali di rientro della maggiore banca del Bangladesh, è arrivato alla conclusione che faceva prima a fare beneficenza, a regale i soldi ai soliti noti, eh si perché a non restituire i soldi erano le classi più ricche e non quelle più povere. Il tema è proprio questo, valeva allora per la banca bengalese e vale oggi per le banche italiane, Mps in primis. Le piccole e medie imprese, le famiglie, i giovani che si rivolgono ad una banca per un finanziamento, come prima preoccupazione hanno quella di ripagare fino all’ultimo centesimo i loro debiti e non di chiedere mutui o prestiti per vivere agiatamente alle spalle della collettività come invece alcuni amici del Montepaschi hanno fatto, il nocciolo è tutto qui. La più antica banca del mondo oggi si ritrova a fare un mestiere non suo, l’impresa, in quanto è carica di azioni di società sull’orlo del fallimento. Con il decreto salva risparmio è stata di fatto nazionalizzata e i danni di pochi, come al solito li pagheremo tutti, detto questo non si poteva far fallire la terza banca del Paese, anzi, probabilmente andava nazionalizzata prima visto che ormai il clima di fiducia tra la banca e i risparmiatori si era rotto in maniera irreparabile. Ciò che si deve però pretendere da questa gestione commissariale è la trasparenza e la rapidità nel ridare al Paese una banca solida, in grado di restituire alla collettività i miliardi che gli sono stati concessi, ma soprattutto una banca in grado di usare gli strumenti finanziari per generare ricchezza, benessere e sicurezza economica per le famiglie e per le imprese italiane.