No, non era un semplice interprete capace di leggere un copione, ma un artista completo capace di immaginare nella sua testa folle quelle scene, i soprusi ai danni di quell’impiegato, la sfiga che perseguita ognuno di noi in alcuni momenti della nostra vita. Con Paolo Villaggio muore uno di quei personaggi capaci di farci alzare dal divano di casa per andare al cinema. La vera differenza è che oggi si capita al cinema perché non c’è altro da fare e si sceglie un film; negli anni ‘80 si aspettava per mesi l’uscita di un film e quando finalmente si entrava in sala eri parte di un evento.

Ricordo una domenica pomeriggio del lontano ’86 quando ad appena 7 anni ero in fila in un cinema del Prenestino di Roma, lo stesso quartiere dal quale iniziava quella mostruosa Tangenziale che nel primo film di Fantozzi serviva per prendere l’autobus al volo.

Eravamo in fila con tanto entusiasmo e vedevamo uscire la gente sorridente dopo la proiezione di SuperFantozzi. Non esistevano le moderne piattaforme di feedback sui cellulari o di recensioni immediate, eppure vedere la gente uscire dalla sala ridacchiando era il miglior modo per capire di aver scelto il film giusto. Era il mio primo Fantozzi in sala e non in tv e per molti giorni dopo in casa non si parlò d’altro che delle vicende storiche raccontate con gli occhi di chi subiva in passato e subirà in futuro.

Qualche anno dopo diventai grande e arrivai a lavorare in un importante ufficio dello Stato e quando un collega settantenne scattava in piedi all’ingresso dell’anziano segretario generale con le stampelle, il pensiero andava subito al Mega direttore laterale. Stesso valeva quando in campeggio si montava una tenda di notte, quando si vedeva una partita o si subiva qualcosa in ufficio.

Mi spiace oggi vedere chi nei tg per raccontare la biografia di Paolo Villaggio si debba sforzare per raccontare i premi e le presenze in film altisonanti con registi importanti e sostanzialmente noiosi. Come se Villaggio potesse prescindere da Fantozzi e da Fracchia, lui che senza Gigi Reder, la spalla storica del Ragionier Filini non volle più continuare la fortunata saga del ragioniere più succube del mondo.

Lui che era lontano anni luce dalla comicità volgare e piena di parolacce dell’ultimo decennio; lui che non ne voleva sapere nulla di quel cinema schierato utile ad indottrinare le masse. Aveva le sue idee, certamente non per questo usava il cinema per indottrinare il pubblico. I suoi film erano tragicamente di denuncia. Da quella tangenziale voluta dal ‘più grande sindaco di Roma’ ultracelebrato dai comunisti, che però entrava nelle case della gente e stuprava un bellissimo quartiere storico, alla vita da ufficio, passando per la vita amorosa e la noia quotidiana.

Fantozzi è un personaggio che o si ama ironicamente perché ci si riconosce o si odia, proprio perché ci si riconosce e non si accetta la propria condizione sottomessa e le proprie repressioni.

I grandi artisti non muoiono mai. I grandi artisti non si limitano a interpretare, ma scrivono, inventano e danno anima ai propri personaggi. Paolo Villaggio ha sicuramente un posto speciale tra i miei preferiti, accanto ad Anna Marchesini, Bud Spencer, Gino Bramieri, Sandra e Raimondo. E’ quella comicità gentile senza volgarità che portava noi nipoti al cinema mano nella mano coi nostri nonni e che giorno dopo giorno sta scomparendo. Quella comicità sacra che oggi lascia un vuoto pazzesco.

Arriverà un giorno in cui ogni operaio succube potrà ribellarsi ai propri capi e urlargli che ‘Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca’. Oggi tra le lacrime i nostri 92 minuti di applausi sono tutti per lui, per il grande Paolo Villaggio.