A cura di Francesco Severa – Quando il Comandante Bolton (Kenneth Branagh nel film) si volta verso l’azzurro orizzonte del mare e vede, in lontananza, centinaia di piccole imbarcazioni di fedeli sudditi dell’Impero attraversare le fredde acque della Manica, per salvare quanto rimaneva del loro glorioso esercito, non può che esclamare <<la Patria!>>. Intorno a questa parola sembra ruotare l’intera opera di Christopher Nolan, regista elegante e soprattutto sempre assai consapevole di quanto il cinema possa rappresentare un potentissimo strumento politico. Sceglie una pagina della nostra storia eroica ed amara insieme per parlarci con discrezione di come oggi, nell’epoca senza distanze e senza muri, possa avere ancora un senso parlare di Patriottismo – concetto ben distinto dal becero nazionalismo, quello alla Salvini e alla Renzi che sembrano essersi trovati d’accordo sull’urlare insieme <<aiutiamoli a casa loro>>.

Siamo a Dunkirk, città dalle bianchissime spiagge nel nord della Francia, divisa dalle altrettanto bianche scogliere del sud dell’Inghilterra solamente da un braccio di acqua e di spuma di settanta chilometri. Proprio su quelle spiagge, fagocitate a ritmi serrati dalle fortissime correnti della Manica, si trovavano ammassati nella primavera del 1940 ben quattrocentomila uomini dell’Esercito imperiale britannico, accerchiati ormai dalla Wehrmacht e rassegnati al loro tragico destino. Sarà però la tenacia di Churchill a riuscire nell’impresa di portare in salvo in Patria quasi trecentoquarantamila soldati, attraverso un’operazione di salvataggio – operazione Dynamo – che oltre alla Royal Navy, coinvolse centinaia di imbarcazioni di privati cittadini, pronti a passare il canale per salvare quanto rimaneva dei più giovani fiori della stirpe britannica. Fu un miracolo sì, ma anche l’epilogo di una disonorevole e cocente sconfitta. Senza retorica, senza inutili “americanate”, con il realismo sempre eccitante di una 65 mm, Nolan ci mostra la cruda realtà di soldati spaventati ed inermi, accerchiati da un nemico che mai viene chiamato per nome – si esclude così la ormai scadente contrapposizione tra alleati buoni e tedeschi cattivi – , ma i cui fucili e cannoni si sentono sparare in lontananza, le cui bombe esplodono morte senza che nessuno possa veramente reagire. Allora viene fuori con chiarezza quel sentimento, bestiale ma incolpevole, che spinge tanti a salvare innanzitutto la propria pellaccia, anche a scapito di quella degli altri. Il film intero, grazie ad un effetto sonoro non poco riuscito, figlio della maestria di Hans Zimmer, sembra costantemente accompagnato da un penetrante ticchettio di orologio, a ricordare che il tempo passa e nel suo scorrere sta mangiando la speranza di quegli uomini. Non si sono però scordati di loro. Quel mare, che sembra una barriera, tanto è stretta la morsa degli U-boot e della Luftwaffe, diviene però la salvezza. All’intuito del pubblico Nolan lascia un messaggio chiaro. Un nemico, innominato ma scontato, pauroso e imprevedibile, ci sarà sempre all’orizzonte. L’unica cosa che evita agli uomini di crollare soffocati dalla paura è sentirsi parte di qualcosa di più grande. L’identità è il confine che ci separa dalla bestialità. Non siamo un puntino solitario che vaga in una realtà ostile, ma ognuno di noi è il compendio di una linea infinita di idee, azioni, persone. Patria dunque significa umanità. Quando nel film il signor Dowson si sente accusare di essere un vecchio impazzito che dovrebbe restare a casa e lasciar combattere i giovani, risponde con fermezza che è per una scelta della sua generazione che i suoi figli stanno combattendo e dunque è anche compito suo salvarli. Patria dunque significa anche responsabilità: non abbandonarsi all’indifferenza, ma modellare il futuro nel segno dell’eterno. Infine Patria significa speranza. Il rombo acuto e formidabile del motore Rolls-Royce Merlin a 12 cilindri degli Spitfire, gli sputafuoco del cielo, che riempie, assordante, tutto il film, è il brivido profondo di un miraggio. Su quella moderna tecnologia gli inglesi sanno di poter contare per ripartire e vincere quella maledetta guerra.

La lezione è chiara. Non possiamo estirpare identità e appartenenza dalla nostre coscienze. Non possiamo dimenticare che l’amore per il proprio Paese è una costante profondamente umana della storia, imprescindibile, non solo per non farci precipitare in un mondo di barbarie popolato da monadi, ma anche per farci avere il coraggio di guardare l’altro senza paura. Senza diversità perfino il dialogo soffoca e sprofonda nell’inutilità. Patria è questione di sangue, sì certo, siamo chiamati ad amare qualcosa che non abbiamo scelto, ma può però essere anche questione di cuore, di riconoscenza, di razionale giudizio su chi vogliamo essere. Dobbiamo dire grazie al genio di Nolan per averci rammentato con tanta efficacia tutto questo.