nato_council_jpg_1718483346-di Alessio Marsili- Gli anniversari, generalmente, costituiscono ottime occasioni per fare il bilancio della situazione: riflettere sul passato, analizzare i successi conseguiti, far tesoro degli errori commessi e contemplare l’itinerario che si è pronti a percorrere sono attività, periodicamente, necessarie. Il Patto Atlantico, accordo politico-militare sorto con l’intento di implementare un sistema di sicurezza collettiva, prevenire la diffusione dell’ideologia comunista e promuovere gli interessi geostrategici degli Stati Uniti d’America, compie 67 anni. Il trattato, siglato da dodici paesi fondatori il 4 aprile 1949, fu il prodotto degli anni di maggior tensione della rigida contrapposizione tra ideologie antinomiche; trascorsi decenni dalla fine della Guerra Fredda, è però arrivato il momento di avviare proficue discussioni sui futuri compiti dell’Alleanza.

Innanzitutto, occorre fare chiarezza. La NATO – North Atlantic Treaty Organization – è una struttura permanente militare integrata che differisce dal mero Trattato di Washington, essendo essa espressione ed evoluzione di quest’ultimo. Il principale organo, da cui dipendono i comandi operativi, strumentale a definire le linee strategiche della politica militare dell’Alleanza e composto da ufficiali di alto rango degli eserciti dei paesi membri è il Military Commitee: ciascun paese contribuisce volontariamente alle capacità militari ed il comando delle truppe messe a disposizione passa, previa esplicita convezione con il Governo di appartenenza dei contingenti, alla NATO. Ma l’articolazione strutturale dell’Organizzazione, essendo un potente strumento di collaborazione politica ed in conformità con le disposizioni contenute nel Patto Atlantico (Articolo 9), prevede anche organi di natura politica: il Consiglio dell’Atlantico del Nord, composto dai “Rappresentanti permanenti” – ovvero ambasciatori, capi della missione diplomatica di cui ciascun paese membro ha il diritto; l’Assemblea parlamentare, riunione dei deputati facenti parte dei parlamenti dei Paesi contraenti. Ed infine, il Segretario generale, che oltre a presiedere il Consiglio, rappresenta internazionalmente la NATO. Eguaglianza ed unanimità nelle decisioni attribuisce, teoricamente, ad ogni stato membro la medesima importanza politica.

“To keep the Americans in, the Russians out, and the Germans down”. Lord Hastings Ismay, Generale dell’esercito britannico e primo Segretario generale dal 1952 al ’57, si esprimeva così sul ruolo dell’Organizzazione atlantica. L’Unione Sovietica, l’ingente minaccia comunista ed il blocco antagonista assoggettati a Mosca costituivano il nemico per eccellenza contro il quale, pur di arginarne l’istinto espansionista, era previsto il ricorso ad ogni mezzo disponibile – fra cui l’arsenale nucleare; se è innegabile che la preponderanza degli Stati Uniti abbia permesso l’instaurazione di una sorta di protettorato sull’Europa Occidentale, è anche ineccepibile che proprio per quest’ultima l’ombrello di sicurezza garantito dal coinvolgimento militare degli USA – attraverso il dispiegamento di uno spropositato numero di truppe americane e testate atomiche – era ritenuto irrinunciabile per far fronte al pericolo del comunismo. La fine della Guerra Fredda e la dissoluzione dell’Unione Sovietica sembravano aprire le porte per una qualche forma di collaborazione; e così, effettivamente, fu. Ma solo nel 2002, a Pratica di Mare, fu implementato il Consiglio NATO-Russia che avrebbe servito come forum di consultazione sulle problematiche inerenti la sicurezza ed avviare una pratica collaborazione su vasta scala.

Con la crisi in Georgia del 2008 ed il conflitto in Ucraina, il dialogo civile e militare tra le due parti è stato bruscamente interrotto. E la NATO sembra, stranamente, aver acquisito nuova vitalità: l’esistenza di una tangibile e concreta minaccia alla sicurezza degli Stati membri costituisce da sempre l’intrinseca giustificazione dell’esistenza dell’Organizzazione. E così, di fronte alla pressante minaccia costituita dal fondamentalismo islamico e dal terrorismo internazionale, invece che fare della Russia un partner strategico, l’Occidente continua ad inimicarsela non comprendendo i propri errori; ecco, allora, reiterato l’ininterrotto processo di allargamento della NATO tramite l’adesione di Paesi che costituivano un tempo le punte di diamante dell’Impero Sovietico – Polonia, Cecoslovacchia e Repubbliche Baltiche su tutti che ha portato fino 28 i membri; accerchiamento della Russia, catastrofe geopolitica. Infine, continuo dispiegamento di truppe sul fronte orientale e provocazioni attraverso esercitazioni militari. Insomma, tutto ciò che per il “mondo libero” costituisce normalità, se effettuata da Mosca, viene percepita come potenziale insidia. Correggere tali errori è imprescindibile ed è assolutamente necessario recuperare lo spirito collaborativo con Mosca. Consolidare quanto conseguito – membership inclusa – misurare e ripensare oculatamente le esercitazioni militari, attribuire dinamismo all’attività diplomatica possono fare della NATO (smettendo di giocare alla Guerra Fredda 2.0) un’attore internazionale di rilevanza globale. L’opinione pubblica, politici e tecnocrati si dividono da sempre in filo-atlantici ed anti-atlantici; spacca trasversalmente l’Europa intera. L’Organizzazione può e deve essere utile, ma è necessario ripensarla, adattarla alle congiunture internazionale e riflettere sulla compatibilità di questo strumento pensato per la Guerra Fredda con l’Unione Europea. Tempi duri dinnanzi a noi.