erdogan-dittatoreA cura di Nicolò Mardegan – È passato solo una breve settimana dallo scoppio del golpe nella vicina Turchia ed è già chiaro quanto questo abbia giovato paradossalmente solo a colui che doveva essere spodestato: Recep Tayyp Erdogan.
Il mantenimento del potere da parte di Erdogan determinerà necessariamente un allontanamento ancor più deciso della Turchia dai valori dell’Europa, proseguendo il cammino verso l’islamizzazione intrapreso dal paese: ha iniziato con repressione della libertà di stampa, bugie sui profughi, rifiuto di partecipare attivamente alla coalizione internazionale contro il terrorismo e arriverà, attraverso la potenziale modifica della Costituzione verso la repubblica presidenziale, a giustificare qualsiasi decisione unilaterale e autoritaria, forte anche della giustificazione a reprimere con la forza le rivolte, con la scusa di mantenere l’ordine nel paese, mancato per qualche ora con il colpo di stato di venerdì 15 luglio.

A golpe finito, inoltre, è chiaro alle autorità turche che è necessario il massimo impegno per il rispetto dello stato di diritto e dei diritti fondamentali? Il pronto ristabilimento dell’ordine costituzionale e della stabilità sono urgenti e necessari ma senza indulgere a logiche di violenza; eppure salgono continuamente i dati dei militari arrestati – confermati più 6000 al momento, oltre a 755 magistrati e 650 civili. E addirittura si parla di violenti omicidi e mutilazioni dei rivoltosi al grido di “allah è grande” e di stabilimento della pena di morte, una deriva autoritaria e dittatoriale che riporta il paese indietro di secoli, in un mondo barbaro e senza sviluppo, figlio della regola per cui è meglio eliminare un colpevole (o un nemico) piuttosto che punirlo e riabilitarlo come avviene nelle più mature democrazie occidentali ed europee.

Nell’ambito del ruolo del nostro paese verso la Turchia, è necessario evidenziare che l’Italia non fa bene a mantenere un registro di prudenza e di equilibrio: ciò che occorre è una presa di posizione decisa e una risposta corale dell’Europa, non una pedissequa presa d’atto di ciò che è successo, senza giudizi e senza impegno riformatore. Se è vero infatti da una parte che Erdogan è stato eletto democraticamente, è anche vero che in una dimensione internazionale come quella di oggi, non si può derogare ad affermazioni che ricordino decisamente la necessità – per un paese che aspira ad entrare nella UE – di rigettare qualsiasi deriva totalitaria, motivo di più se essa è di stampo islamista.

Se nell’UE entra un paese del genere, la stessa Unione non ha più ragion d’essere e la presenza dell’Italia al suo interno è incompatibile; altro che seguire la proposta del ministro Alfano di finanziare la Turchia islamista perché fermi i flussi. Arriveremo a finanziare direttamente il califfato? Ripensiamo fin da ora quale futuro vogliamo per il nostro continente: invasione islamica o rivitalizzazione delle radici cristiane che hanno reso grande l’Occidente.