Apre la National Convention del Republican Party a Cleveland, Ohio.
I delegates hanno già preso gli aerei e cominciano ad assistere ai primi panel organizzati dal Republican National Committee mentre state leggendo questo articolo.
House of Cards ha spiegato fuori dal mondo degli addetti ai lavori cosa fosse una Convenzione Nazionale.  Nei salotti e nelle stanze chiuse vengono decise le posizioni nelle Admnistrations da dirigenti e quadri distrutti da nottate insonni con un sorriso, un occhiolino e, diciamocelo, qualche intrallazzo (che in americano chiameremo “monkey business”).
Dei delegati nazionali scelti tramite dei meccanismi competitivi, si incontrano per scegliere un candidato alle elezioni presidenziali di Novembre.
A differenza della finzione televisiva, qui le cose sono belle che fatte: Donald Trump è il solo candidato e Mike Pence, governatore dell’Indiana, è il suo VicePresident.
Fra i 2472 presenti, secondo un report di CBS, basato su un’analisi sociologica condotta sulle convenzioni nazionali dal 1968 al 2008, i partecipanti, attivi costantemente nella attività partitica, sono generalmente laureati (8/10), con un’età media di 54 anni e tendenzialmente facoltosi.
I costi sono in carico al delegato: chi proviene dal New Mexico può pagare fino a 4 mila dollari per il trasferimento.
I 2472 delegati dovrebbero nominare il tycoon entro la fine settimana, dopo qualche giorno di conferenze e discussioni. 
Nonostante una cospicua maggioranza di 1542 attivisti a suo favore -assai superiore ai 1237 richiesti per essere il nominee- la vita per Trump non è così semplice.
 L’establishment del Partito è fortemente contrario al miliardario, nonostante la nomina di Pence – conservatore cristianissimo – legato alla destra del Partito, già endorser di Ted Cruz.
Peter Wehner, high-ranking officer durante le scorse Amministrazioni repubblicane e ora membro del Ethics and Public Policy Center, ha parlato di “rivolta totale” del Grand Old Party.
La narrativa di Trump – trasposta nella schedule della Convention – non ha attirato molte simpatie: un poll di POLITICO vede il 65% degli intervistati non essere particolarmente interessato ai panel composti dai supporter di Trump (dove possiamo includere moglie e figli). Numerosi storici esponenti della destra americana hanno preferito declinare l’invito alla partecipazione, fra cui Bush senior e junior.
Il Movimento Anti-Trump, un grassroot movement di attivisti e delegati contrari al “trumpismo”, sa di non poter stravolgere l’esito della convention.
Non renderanno, però, l’esito così scontato mostrando come la candidatura sia espressione di una volontà non unitaria. Hanno già proposto emendamenti statutari per poter eludere le regole delle primarie, votando quindi secondo coscienza. Nonostante la bocciatura, i leader hanno già dichiarato l’intenzione di utilizzare il maggior numero di strumenti burocratici.
 La trasformazione populista e personalista della piattaforma del GOP spaventa molti della vecchia guardia repubblicana.
L’agenda trumpista, in specie la retorica infiammata sull’immigrazione, ha frazionato il partito, rendendo difficile sia la vittoria nel breve termine che la tenuta nel lungo.
Come spiegato da Michael Needham, CEO del ramo politico della potentissima Heritage Foundation, Trump è riuscito a dare delle risposte  in campi dove lo spazio politico del partito non riusciva a darne ad una parte elettorato che ne chiedeva. Ed è questo focus sul “law and order” ad avergli attribuito il primato di caucauses e primarie vinte durante la campagna di nomination.
 Che vinca o perda a Novembre, Trump rimane un’incognita. In caso di vittoria, il GOP non sarà unito e si troverà nella condizione di dover difficilmente rimpiazzare in 4 anni una personalità eccentrica, dominante ed accentratrice. Se dovesse perdere, il GOP non sarà in grado di ottenere neanche la House of Representative ed il Senate dovendo ricominciare di nuovo da zero.