dodon-di Marcello Baldini- Tutti sanno perfettamente che gli equilibri tra USA e Federazione Russa, dopo l’elezioni a Presidente di Donald J. Trump, cambieranno radicalmente rispetto agli otto anni da “guerra fredda” dell’amministrazione Obama. Il leader repubblicano non ha mai nascosto, anche in campagna elettorale, il feeling con lo “zar” di Mosca e siamo convinti che nascerà, oltre a un asse unico anti-Daesh, anche un percorso di dialogo per armonizzare la situazione politica degli Stati ai confini tra Russia ed Unione Europea.

Nella piccola ma vivacissima Repubblica di Moldova si è svolto il ballottaggio per le elezioni presidenziali tra il candidato filo-russo Dodon e la filo-europea Sandu. A prevalere, con un buon risultato in termini percentuali, il socialista. Per approfondisce il clima di questi giorni in terra moldava ho chiesto qualche impressione in merito a Mirko De Carli, dirigente politico del Popolo della Famiglia da tempo impegnato in relazioni istituzionali con la piccola Repubblica di Moldova.

“Dodon ha vinto perché è stato in grado di realizzare quel processo che ormai è in atto in tutto il mondo: casta vs popolo. La candidata Sandu è stata vista dalla maggioranza del popolo moldavo, sopratutto quella che vive in condizioni economiche di estrema povertà, come la “longa manus” di Bruxelles e in piena continuità con il nefasto governo precedente. Dodon, che non ha da parte sua avuto alcun sostegno diretto da parte di Putin, non ha mostrato i muscoli sull’accordo di associazione con l’Unione Europea, presentandosi invece con una proposta molto nazionalista e anti-burocrazie extra-moldave. Ha giocato tutto sull’unità del paese contro i fattori esterni troppo condizionanti” così descrive la situazione moldava De Carli.

Una campagna che non si è svolta sui temi dalla grande geopolitica internazionale ma, continua De Carli, “sui dilaganti fenomeni di corruzione e della grande voglia di “aria fresca” nelle istituzioni. Dopo lo scandalo Filat e le difficoltà in cui è incappata la destra filo-europea al potere negli ultimi anni, Dodon ha trovato praterie sulle quali costruire una campagna elettorale anti-lobby europee”.

Ci troviamo quindi davanti a una Moldova filo-russa e in rottura con l’Unione Europea? “Non credo proprio. La candidatura della Sandu, anche se appoggiata e promossa dal Partito Popolare Europeo, non era in linea con la pancia del paese. Una leadership caduta dall’alto a pochi mesi dalle elezioni che sapeva tanto di “ripiego” per tenere la posizione. Dodon, sopratutto alla luce della strategia mostrata dal suo vero “manovratore” Vladimir Plahotniuc (proprietario di tre reti televisive nel paese), manterrà un ottimo legame con l’Europa ma all’interno di una maggiore autonomia nelle decisioni dello Stato moldavo. Potrà ora verificarsi la tanto sperata “alleanza russo-occidentale” nelle nazioni che, dopo la caduta del comunismo, hanno guardato con speranza al progetto europeo pur mantenendo un legame inscindibile con la Russia (avendo anche percentuali non indifferenti di popolazioni con madre lingua russa)” continua De Carli.

In conclusione secondo De Carli “forse in Moldavia cominceranno a preoccuparsi maggiormente degli interessi del paese e meno degli equilibri internazionali e si realizzerà, in questo piccolo Stato dell’est Europa, il primo terreno di confronto tra Trump e Putin. A entrambi conviene una Russia maggiormente europea e un’Unione Europea meno occidentale. La partita è appena cominciata”.