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CONCORSO PUBBLICO PER SOLI ABORTISTI. IL PD FA SALTARE I NERVI E LA COSTITUZIONE.

A cura di Tomasz Kociuba – E fu così, che il Partito Democratico discriminò. È scoppiato il caso del bando di concorso esclusivo per ginecologi “non obiettori” nell’Ospedale San Camillo di Roma. L’Ospedale ha infatti deciso di assumere due medici che garantiscano di non obiettare dinanzi alla richiesta di abortire, pena la sospensione dal servizio. Il presidente della Regione Lazio Zingaretti è deciso: “tuteliamo l’applicazione della legge 194, come previsto dal nostro programma volto a rimettere a posto la sanità”. Viva il diritto di abortire. Diritto che, denunciano alcuni, viene negato da quei medici che non se la sentono di intossicare feti e buttarli nella pattumiera. E visto che non tutti se la sentono, si è pensato di cominciare ad assumere solo quelli “speciali”, quelli che non si fanno problemi, quelli senza quella dannata coscienza sempre lì ad ostacolare il progresso. Un’azione mirata, chirurgica direi: “puoi lavorare, ma se cambi idea ti licenzio”. Non deve certo stupire questa presa di posizione, ma è anche vero che non è carino quando a dirlo è chi fonda la propria campagna elettorale sulla libertà di pensiero. Libertà che in questo caso è proprio quella di non abortire. Perfino la Cei, spesso sorprendente su molte questioni, stavolta è scesa in campo. “Il provvedimento va contro la natura costituzionale dell’obiezione di coscienza; ognuno ha il diritto di rifiutare di commettere questa pratica” denuncia il Direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della sanità don Carmine Arice. “Il concorso serve solo per assumere medici che garantiscano il rispetto della legge” replica il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin a cui dà man forte lo stesso Zingaretti, sottolineando come il 70% dei medici sia dichiaratamente obiettore e “non garantisce un normale servizio alla cittadinanza” aggiunge anche Emma Bonino. Altrettanto attento è Alberto Gambino, presidente di “Scienza e Vita”, associazione che da anni si occupa della sensibilizzazione alla procreazione responsabile e a una ricerca scientifica etica e sicura. Gambino evidenzia la pericolosità di tale provvedimento notando che “ci sono medici, obiettori e non obiettori, iscritti nelle graduatorie dei precedenti concorsi pubblici che ancora aspettano di essere abilitati all’esercizio della propria professione; la scelta di indire un concorso a parte a carattere esclusivo, oltre ad essere discriminatorio nei loro confronti, apre la strada a un metodo preferenziale che potrebbe gradualmente danneggiare quei medici che si appellano al diritto all’obiezione di coscienza”. Come si nota, la battaglia si sta consumando tra due fronti: da una parte c’è chi dichiara di difendere il progresso (abbellito da nozioni come “diritto”, “futuro”, “benessere”ecc.), accusando gli avversari (noti come “mondo cattolico”) di bigottismo e di recare danno alla Sanità con il loro pensiero antiquato, palloso e moralista. Dall’altra c’è chi si oppone a una pratica che, nel pieno delle sue facoltà mentali, giudica immorale. Ma visto che la parola morale è per alcune categorie di persone scomoda, diciamo che un medico obiettore altro non fa che pensare con la propria testa, proprio come si sente di fare il progressista di turno. Qualche altra categoria dimentica che un medico, prima di curare, decide cosa fare. Categorie, queste, convinte che un medico non debba pensare nel suo lavoro, ma solo eseguire le richieste dei pazienti, siano esse di vita, siano esse di morte. Un tempo il medico “salvava la vita e combatteva per la vita”, ed era rispettato per questo. Oggi invece tutti hanno deciso di giocare con la vita, e il medico è stato ridotto a un semplice arbitro in questa folle partita. E non bastava rischiare con la propria, ma nel costante impeto di andare oltre, si è deciso di coinvolgere anche chi non l’ha neanche vissuta. Ripeto: si è deciso. Allo stesso modo vuole decidere il 70% dei medici italiani, che con coraggio piazzano l’Italia in cima alla lista dei Paesi “più obiettori” in Europa. C’è chi la nostra la chiama arretratezza, e chi la chiama civiltà. Sicuramente i nostri medici sono quelli che pensano, quelli che, prima di essere strumenti, si sentono persone. Essi rispettano ogni giorno questa vocazione e questo giuramento: difendere la vita di tutti e custodire questa nobile arte. Se il progresso definisce la Medicina un semplice lavoro, a cui ad ogni comando si è costretti ad eseguire e basta, se lo tengano pure. La vostra è arte. Continuate così. Siate pensatori, scopritori e artisti della vita.

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