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GIORGIA MELONI VOLA NEI SONDAGGI E RACCOGLIE 4 VOLTE IL CONSENSO DEL SUO PARTITO. E’ LEI IL NUOVO LEADER DEL CENTRODESTRA?

IL GRADIMENTO DELLA LEADER DI FRATELLI D’ITALIA SUPERA DI BEN 4 VOLTE IL GRADIMENTO DEL SUO PARTITO. COSA AVVERREBBE SE CI FOSSERO LE PRIMARIE E PERCHE’ FRATELLI D’ITALIA NON SPICCA IL VOLO?

A cura di Filippo Del Monte – L’ultimo sondaggio pubblicato da “Libero” parla chiaro: allo stato attuale il leader del centrodestra italiano con l’indice di gradimento più alto è Giorgia Meloni. Fa però riflettere come il 21% della Meloni non riesca a “trainare” Fratelli d’Italia oltre il 5,3%. I sondaggi lasciano il tempo che trovano, non sono una scienza esatta, ma percentuali del genere impongono di spendere qualche riga per capire dove Fratelli d’Italia abbia finora sbagliato.

L’ampia forbice tra il gradimento di Giorgia Meloni e quello di FdI sicuramente è influenzata dalla “personalizzazione” della politica e dal poco mordente che i partiti tradizionali esercitano sull’opinione pubblica. Però è anche vero che Fratelli d’Italia si è caratterizzato sempre come un partito rigidamente “romanocentrico”, quasi inconsistente nei territori, come i risultati delle ultime amministrative hanno abbondantemente dimostrato. Utilizzando la “bruta” geografia è facilmente intuibile che Fratelli d’Italia non abbia raccolto l’eredità di Alleanza Nazionale, forza politica strutturata nel centro-sud della Penisola e capace di seguire a ruota il gradimento di Gianfranco Fini. Essersi “dimenticati” dei territori lasciandoli nelle mani di vecchi e nuovi ràs non ha aperto la strada a quel messaggio innovativo che Fratelli d’Italia aveva lanciato all’epoca della fondazione del “centrodestra nazionale”.

Non riuscendo a farsi comprendere dall’opinione pubblica, il partito è stato costretto a seguire una linea di strette contingenze che molte volte lo portano ad essere contraddittorio da un giorno all’altro proprio a causa dei repentini cambiamenti dello scenario politico. Presentismo ed estrema semplificazione del linguaggio politico – molto spesso ridotto a semplice slogan – possono dare a Fratelli d’Italia un consenso momentaneo ma non garantiranno mai l’aggregazione di un corpo elettorale consapevole e soprattutto stabile. Il rischio legato alla “semplificazione” non è tanto quello di passare per la brutta copia della Lega Nord, quanto quello di non essere mai percepiti come una reale alternativa, dunque di restare perennemente all’opposizione come rappresentanti dell’elettorato perennemente scontento. Altro rischio cui questa mania dello “slogan facile” può portare FdI è quello della perdita della capacità d’analisi complessa, e se la destra perde questa capacità smarrisce sé stessa.

Il problema dell’elettorato è legato più in generale alla perdita di riferimenti ideologici e culturali chiari. Raccogliere il testimone della destra nazionale impone una condotta legata alla difesa dell’identità culturale italiana all’interno ed alla promozione degli interessi nazionali – politici, militari ed economici – all’estero. Dunque per essere realmente destra “nazionale” è richiesta ampia conoscenza dei problemi, in altre parole è richiesta una formazione culturale ben precisa, una coscienza slegata dalle contingenze. Molto spesso invece l’aggettivo “nazionale” viene declinato in modo totalmente diverso, ci si isola, si trasforma la comunità nazionale in un feticcio quando invece essa è anima viva, attiva ed operante nella storia del mondo. Inoltre la contrapposizione tra popolo (custode di tutte le virtù) e Stato “servo dei poteri forti” che molto spesso Fratelli d’Italia attizza è estranea alla cultura politica della destra italiana. Molto più in linea con la propria storia sarebbe richiedere una riforma dello Stato tale da riconsegnargli l’autorità e dunque il consenso (perché se lo Stato avesse autorità il cittadino non avrebbe motivo di farsi giustizia da solo).

Se quelle sulla Nazione e lo Stato possono sembrare mere astrazioni teoriche, i più gravi problemi sono legati alla visione “sociale” di Fratelli d’Italia. Destra sociale significa considerare il lavoro un diritto-dovere che funge da strumento d’elevazione sociale e morale del popolo; dunque favorire l’elevazione e l’evoluzione sociale degli strati più bassi della popolazione. I valori della destra sono quindi intrinsecamente legati ad una “ascesa” del popolo e non ad un livellamento verso il basso, al culto della massa informe, all’apologia dell’elettore “analfabeta” contrapposto alla cultura in generale perché simbolo delle élites. Questo a dimostrazione di quanto il germe del “populismo”, estraneo alla nostra cultura politica, abbia contaminato il processo evolutivo della destra italiana.

Veniamo ora al punto focale di questa riflessione: la percezione popolare di Giorgia Meloni e del partito. Donna, giovane e capace di arrivare dritta al cuore delle persone, questa è Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia. La presenza nei talk show e sui giornali, accompagnata da un apparato social di tutto rispetto, consente alla Meloni di “arrivare a tutti”, di farsi conoscere non solo come politica ma anche come persona, creando empatia tra lei e lo spettatore-lettore-elettore. L’ex ministro della Gioventù avrebbe tutte le caratteristiche per emergere, tranne un partito capace di sostenerla. La sterilità culturale, o meglio, l’incapacità di elaborare il pensiero della destra moderna, ha costretto FdI a “ripiegarsi” attorno al proprio leader finendo per rimanerne schiacciato dalla dirompente personalità e dal consenso che riesce a smuovere.

La Meloni assume così la fisionomia di quello che Marcello Veneziani ha giustamente definito “leader opinionista”, cioè un politico che riscuote il consenso dei cittadini ma che l’opinione pubblica non riesce a collegare ad una determinata forza politica. Insomma, è in atto un perverso meccanismo per cui Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia sono percepite come due realtà distinte e separate, quasi che la prima non ricoprisse la carica di presidente del partito. Quasi con certezza si può affermare che Giorgia Meloni sia un’alternativa al centrodestra “gerontocratico” di Silvio Berlusconi, ma per concretizzare questa alternativa – che per ora resta una grande speranza – è necessario che Fratelli d’Italia si liberi delle sue zavorre, torni a rappresentare i reali interessi dell’Italia e non più quelli percepiti come tali. In FdI esiste un “problema-partito” acuitosi con gli ultimi risultati elettorali – con Roma ridotta ad “isola felice” nel mezzo della tempesta – e che sicuramente va affrontato da più angolazioni (da quello ideologico a quello comunicativo, passando per la prassi politica quotidiana) senza rimandare la sua risoluzione ad infinitum. Il prezzo da pagare per non voler correggere questi errori sarebbe troppo alto, cioè quello di condannare il potenziale leader del centrodestra italiano a restare un’eterna promessa pur avendo tutte le qualità per ribaltare il “duopolio” PD-M5S cui l’Italia sarà condannata per i prossimi anni.

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