primarie-pd-campania– A cura di Giovanni Russo – “Il primo indagato non si scorda mai”. No non è il remake di una canzone di Enrico Ruggeri, ma potrebbe essere piuttosto, purtroppo, il leitmotive del Governo Renzi. Era il 15 maggio 2014, quando la Camera autorizzava l’arresto di Genovese, in aula il Pd votava insieme alla Lega e al 5 Stelle, a difenderlo Forza Italia, partito che poi accoglierà l’ex Deputato transfugo dei Dem. Siede ancora in Parlamento Marco di Stefano, appena rinviato a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sulla compravendita di due edifici, di proprietà dei costruttori Pulcini, indagato Di Stefano si era autosospeso dal Pd, ma non dal Parlamento, per poi dichiarare tramite un’ANSA , di essere ancora, a tutti gli effetti, iscritto al gruppo parlamentare dei democratici. Chi invece ha dovuto lasciare il suo posto di Sottosegretario ai Beni Culturali è Francesca Barracciu, rinviata a giudizio per l’uso dei fondi destinati ai gruppi della Regione Sardegna, si è dimessa ad ottobre scorso, e prima ancora toccò al Ministro delle Pari Opportunità Josefa Idem, dimettersi per non aver pagato l’ICI sulla palestra di famiglia. Poi le inchieste sono arrivate sempre più prossime al Presidente del Consiglio, fino a costringere Maria Elena Boschi a rispondere in Parlamento della vicenda Banca Etruria, che vede indagato il padre. L’ultimo capitolo prima di ieri era stato l’inchiesta, sugli impianti petroliferi in Basilicata, che ha costretto la Ministra Guidi appena poche settimane fa, alle dimissioni, non indagata lei e neppure la Boschi, politicamente responsabili dell’emendamento a favore dell’impianto di “Tempa Rossa” ma tutte e due sentite dalla Procura di Potenza, che ha invece inserito nell’elenco degli indagati l’attuale Sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo, ancora al suo posto.

Il Partito del Premier deve affrontare l’opinione pubblica davanti alle inchieste sempre più numerose, a Roma dove Assessori e Consiglieri Comunali del Pd siedono sul banco degli imputati nel processo di “Mafia Capitale”, a Venezia dove l’ex Sindaco del Pd Giorgio Orzoni è imputato di finanziamento illecito ai partiti e in Campania dove appena un anno fa la candidatura di Vincenzo De Luca, scatenò un putiferio. Insomma, un vero braccio di ferro quello tra Governo e Giustizia, ma neanche il tempo per Renzi di ribadire che è passato il tempo della politica subalterna ai pm, che proprio a ridosso delle prossime amministrative del 5 giungo 2016, si è subito scoperto il perché: il presidente del suo partito in Campania avrebbe preferito la subalternità alla camorra, per la precisione al Clan dei Casalesi, piuttosto che alla legge. Questa almeno è la tesi della Procura Antimafia e del Gip di Napoli che ieri hanno indagato e perquisito per concorso esterno in associazione mafiosa Stefano Graziano, numero uno del Pd campano, ex Parlamentare, ex consulente dei Governi Letta e Renzi e ora Consigliere Regionale. L’accusa è di aver chiesto voti al Clan Zagaria e averlo favorito nell’assegnazione di appalti (tipo quello della Cittadella della Legalità: risate pure). Il caso di Graziano sembra essere l’ultimo ritrovato della malapolitica all’ italiana: la “mafiocorruzione”. Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, ci avevano appena raccontato come ormai le mafie infilino nelle istituzioni i loro uomini, saltando ogni mediazione con la politica, beccandosi da vari politici le stesse reprimende toccate al neo Presidente dell’ANM Piercamillo Davigo riguardo al suo: “Sono tutti ladri”. Allora sulla scia della dichiarazione del Presidente del Consiglio riguardo la non più subalternità della politica ai pm, lo invitiamo ad iniziare un Tour, partendo da Milano, lì infatti si annida un pericoloso capolista, Pierfrancesco Majorino, che anziché stare con il Pd, plaude alle idee di Davigo. Roba da arresto. E non solo: c’è anche il capogruppo in Regione, Umberto Ambrosoli, il quale non contento di essere il figlio di Giorgio Ambrosoli assassinato dalla mafia per ordine di Sindona, vorrebbe lasciar fare le riforme ai giudici. Non ai mafiosi, cammorristi, o ai ladri: ai giudici. Ergastolo subito. Fortuna che però che il candidato sindaco è Beppe Sala, quello che si dimentica di avere una villa a St. Moritz, di presentare il bilancio di Expo e di fare le gare prima di dare gli appalti ai suoi amici. Se poi il Renzi Tour arrivasse in Campania a Napoli potrebbe visitare in carcere l’ex Sindaco del Pd di Santa Maria Capua Vetere, Biagio di Muro, e a domicilio Graziano, entrambi accusati di camorra. Ora piacerebbe sentire, a caldo, gli stessi commenti indignati che i pidini scagliarono quattro mesi fa contro i 5Stelle per la storiaccia di Quarto. Uno dei più sdegnati, oltre alla Picierno che ha frettolosamente fatto sparire lo striscione “Dimissioni” , vedi mai qualcuno si sbagli e lo sventoli per i suoi, è stato proprio Stefano Graziano che su twitter allertava il rischio camorra nei 5Stelle; chissà ora, se gli lasciano l’Iphone, potrebbe twittare: “ Rischio camorra nel Pd”, nell’ora d’aria.

Se Renzi riuscirà ad arginare questa cultura giustizialista e come? Vedremo! A noi piace rispondere con un antico detto Africano che recita:

In Campania come in Italia, ogni mattina un giudice si sveglia e sa che dovrà correre più veloce del politico se vuole riuscire a indagarlo.

In Campania come in Italia, ogni mattina un politico si sveglia e sa che dovrà correre più veloce del giudice se non vuole essere indagato.

Ogni mattina, in Campania come in Italia, non importa se sei giudice o politico, tanto è scattata la prescrizione e chissenefrega”!