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RENZI, MATTARELLA E LA RAI SI DIMENTICANO DELLA STRAGE DI NASSIRIYA

NassiriyaA cura di Giorgio La Porta – Non un minuto, non un servizio del nostro Tg1 per ricordare i ragazzi di Nassirya, il tg nazionale di quella Rai che costa 10 euro al mese nella nostra bolletta della luce si è proprio dimenticato della ricorrenza. Eppure il tempo per la vetrina quotidiana del Premier è stato ampiamente trovato. Anche Renzi, twittatore ossessivo compulsivo, non ha trovato un solo istante per mandare un messaggino in onore di quei ragazzi morti per combattere contro il terrorismo. Ragazzi che oggi vengono profondamente offesi da questa dimenticanza.

Poi ci spostiamo di qualche metro e saliamo sul colle più alto di Roma dove c’è il Quirinale. Entriamo nel profilo ufficiale twitter @Quirinale e ci sono le onorificenze ai cavalieri attribuite da Mattarella. Ma Nassiriya dove sta? Non una parola, una frase, un tweet di 140 caratteri.

Quanti secondi ci vogliono per scrivere un tweet? Non voglio pensare, perché conosco la bravura dei funzionari pubblici, che tutte le strutture del cerimoniale, tutti gli uffici stampa che costano alle nostre tasche centinaia di miglia di euro si siano dimenticati di questa importante ricorrenza. Ho paura che la dimenticanza non sia casuale e che qualcuno abbia appositamente voluto far calare il silenzio.

Montecitorio si salva in corner pubblicando un tweet con la legge per il ricordo dei caduti nelle missioni di Pace, anche se nel testo non compare la parola Nassiriya. Eppure non è una parola tabù e non deve diventarlo. Non stiamo parlando di Banca Etruria, ma di una strage che ha colpito i nostri connazionali.

Allora mi arrogo io il diritto, anzi il dovere, di ricordare ciò che qualcuno vorrebbe mandare nel dimenticatoio. Quando costruimmo questa piattaforma digitale lo facemmo proprio per essere liberi dai condizionamenti e diffondere in rete le cose che la stampa ufficiale non racconta. E allora vi dico cosa ricordo.

Ricordo quella folla infinita di italiani cantare l’inno di Mameli. Ricordo che siamo rimasti ordinatamente in fila per intere giornate per rendere omaggio al Vittoriano a quei ragazzi, morti per un attentato terroristico.

Ricordo il cordone umano di persone ai lati della strada lungo chilometri che accompagnava i feretri dal Vittoriano alla Basilica di San Paolo nel giorno dei funerali. Tutto si fermò in un clima risorgimentale che avrebbe reso orgogliosi i nostri padri della Patria.

Ricordo i pub che chiudevano per rispetto, tanti ragazzi e ragazze mollare tutto, prendere il tricolore e mettersi in fila anche per 10 ore. Ricordo i volti tristi e le lacrime delle persone che si abbracciavano per strada. Ricordo quelle vite spezzate e le parole dignitose delle loro famiglie.

Ricordo anche qualche esponente della sinistra che ridacchiava allegramente, neanche stesse facendo l’aperitivo, ma la sensibilità di certi soggetti è ormai nota.

In questi 13 anni però, qualcosa è cambiato, ci stiamo abituando agli attentati e li stiamo normalizzando nella nostra mente.


Non capiamo che quei valori che ci hanno portato a scendere ieri in piazza per stringerci attorno al dolore di quei ragazzi, sono probabilmente il nostro patrimonio più bello.

Un patrimonio che ci dice di essere italiani nel dna e di esserne profondamente orgogliosi. Un dna di pensatori liberi e ribelli che non si fanno azzittire dal governante di turno che vuole imporre i suoi silenzi e farci pensare le cose che gli piacciono di più.

La rabbia di oggi me la porto dentro qualche altro giorno, almeno fino al 4 dicembre, quando voterò con rabbia e con amore, sperando che quella notte stessa con un risultato eclatante, un’ondata di tricolori avvolga Palazzo Chigi e accompagni Renzi direttamente dal suo amico smemorato sul colle Quirinale.

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