A pochi giorni dal termine della campagna elettorale abbiamo incontrato Stefania Craxi già Sottosegretario agli Esteri con il Governo Berlusconi. L’occasione è stata proficua per porgerle qualche domanda su Europa, politica estera e contributo del mondo socialista alle battaglie del centrodestra.

Il centrodestra è ad un passo dalla possibile conquista della maggioranza assoluta dei seggi. Quale sarà il contributo del mondo socialista riformista in questa campagna elettorale?

Mi consenta innanzitutto una precisazione da cui voglio far scaturire un ragionamento che risponda con concretezza alla sua domanda.  I dati cui fa riferimento, sostenuti da quasi tutti gli studi e gli istituti demoscopici, rappresentano una buona notizia non per il centrodestra, ma per l’Italia.

Il Paese, dopo il voto del 4 marzo ha bisogno di un governo – anzi, di un buon governo – che, numeri alla mano, solo il centrodestra può garantire. Non è una discriminante di poco conto, ma bensì un elemento centrale che gli elettori devono tenere in debita considerazione, poiché il voto dato al M5S o al Pd è un voto all’instabilità politica e di governo che ci porterebbe dritti al caos.

L’Italia non ha bisogno di una prolungata ed infinita stagione elettorale. Siamo su un piano inclinato e le prossime scadenze, specie in campo europeo (non dimentichiamoci che nel 2019 avremo il rinnovo di tutte le cariche e, soprattutto, della guida della BCE), esigono un governo in grado di affrontare al meglio e con serietà le sfide che ci attendono.

Quindi, il vasto mondo socialista che si riconosce per lo più in Forza Italia – che considero uno spazio di libertà rispettoso della nostra storia e sensibile alle tematiche della nostra cultura – intende battersi per un’Italia che ritrovi la sua centralità ed autorevolezza in Europa e negli scenari mediterranei, presupposto necessario per affrontare le questioni del nostro tempo: dal nodo della crescita, dello sviluppo e dell’occupazione fino alla questione migratoria. In sostanza, lavoreremo per un governo che, nel concerto internazionale, assuma come bussola del proprio agire l’interesse nazionale. È una cosa assai diversa dal sovranismo micragnoso che taluni vogliono attribuirci, ma, invece, è il presupposto indispensabile per un’Italia aperta al mondo.

Nella storia d’Italia il Partito Socialista ha dato un contributo importante in termini di programmi, idee e soprattutto di classe dirigente. Cosa è cambiato dall’Italia sovrana di Sigonella all’Italia di Angelino Alfano, Ministro degli Esteri?

Il discorso è assai lungo e complesso. Il Psi e Craxi non sono stati sconfitti sul campo politico. Molte di quelle intuizioni, infatti, sono ancora oggi vive ed attuali. Quel patrimonio di idee e quella classe dirigente è stata distrutta dalla “falsa rivoluzione” mediatico giudiziaria di Tangentopoli – che Berlusconi non casualmente addita come il primo “colpo di stato” – da cui originano molte delle storture dei nostri giorni. Il populismo ed il giustizialismo che oggi ammorbano il nostro sistema e che pervadono la sinistra “vecchia” e “nuova” tanto quanto i “grillini”, hanno quindi radici antiche e vedono nel biennio ’92 – ’94, nella delegittimazione della politica e delle Istituzioni, il loro punto focale. Allora si è distrutto un sistema che andava certamente riformato, con partiti più snelli che andavano ritratti dove erano di troppo, ma che tra le cose positive garantiva una classe dirigente nel suo complesso forte ed autorevole. Questa – ed arriviamo ai nostri giorni –  non figlia sotto i cavoli ma è il frutto di un duro lavoro di formazione e di una dura selezione che deve partire dal territorio e deve saper sedurre e coinvolgere le energie migliori avvicinandole alla politica ed all’impegno civile.

Da Sigonella ad oggi è quindi tutto cambiato, non solo perché è mutato il contesto internazionale, ma perché nel complesso, salvo eccezioni, è scaduta la classe politica e governante e spesso, come abbiamo visto con taluni governi – pensiamo a Monti – la nostra classe dirigente cerca la sua legittimazione all’estero più che nel paese. Abbiamo così dei porta ordini più che dei governanti che spesso, per insipienza, incapacità o dolo, si accodano a decisioni che non fanno il nostro interesse. Ad esempio, il nostro ‘stare’ in Europa è quanto di peggio abbiamo prodotto in questi anni… Dirlo non significa essere antieuropeisti, ma sostenitori critici ed intelligenti di un progetto comunitario possibile, di un’Europa che per avere un futuro, per poter giocare un ruolo nello scacchiere geopolitico, deve riformarsi nel profondo ed evitare tentativi egemonici da parte di qualche Stato. Ciò che fa male all’Europa è piuttosto l’europeismo da tifoseria alla Bonino, dire che tutto va bene o la retorica renziana…

Uno dei valori fondamentali del mondo riformista è la laicità dello Stato. In che modo pensa che il centrodestra possa governare senza creare conflitti con il mondo cattolico.

L’Italia non è uno Stato confessionale. La laicità dello Stato è sancita dalla nostra carta costituzionale e non è certamente un tema oggetto di discussione da parte di nessuno. Dopodiché non possiamo certo dimenticare o ignorare che la civiltà occidentale non affondi le sue radici nella civiltà greco-romana da un lato ed in quella giudaico-cristiana dall’altra. I valori naturali sono comuni a credenti e non credenti ed è questo il dato di partenza, il terreno di incontro necessario ed indispensabile, sul quale si ritrovano lo Stato e la Chiesa.

Quali sono i primi tre provvedimenti che porterà in aula nella prossima Legislatura?

Non sono per i provvedimenti spot. L’azione di governo, o l’attività legislativa, deve sempre essere figlia di una visione d’insieme e di gruppo. Vengo da una cultura, quella riformista, che ha nella gradualità e nella cultura del risultato il suo obiettivo.

Personalmente mi impegnerò su una serie di provvedimenti necessari a far ripartire l’economia, volti a sostenere la crescita, presupposto indispensabile per contrastare concretamente la piaga della disoccupazione, specie giovanile. Il lavoro non si crea per decreto, ma creando sviluppo, sostenendo la domanda e poi, ovviamente, abbattendo il costo della tassazione. Poi il mio impegno, le mie battaglie, oggi come nel passato, saranno indirizzate verso una riforma non più rinviabile del sistema giudiziario nell’interesse dell’imprese e dei cittadini, che, a mio avviso, può vedere solo luce in una riforma complessiva dei nostri assetti costituzionali.  E poi, di certo, non mancherà il mio impegno, nonché passione, sul fronte internazionale. Ripeto, su questo terreno si giocherà una partita da cui dipende molto del nostro futuro…

 

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*Candidata al Senato della Repubblica nel collegio uninominale di Monza – Seregno e capolista per Fi nel collegio plurinominale di “Lombardia 5”.