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AIUTIAMOLI A CASA LORO! STORIA DI UNO SLOGAN DI DESTRA TRAVISATO

destra pino rauti– di Filippo Del Monte – In televisione, in radio, sui giornali e nei comizi quando si parla di immigrazione molto spesso si sente il famoso slogan “aiutiamoli a casa loro!”, ultimamente vero e proprio marchio di fabbrica del leghismo in salsa salviniana assieme allo “sfondamento a Sud”. Eppure la storia di questo slogan è molto più vecchia ed affonda le sue radici nelle elaborazioni teoriche della corrente rautiana in seno al MSI. Quando alla fine degli anni ’80 ed all’inizio degli anni ’90 l’Europa fu costretta ad affrontare le conseguenze dell’implosione del blocco socialista il problema dell’immigrazione si fece pressante. L’arrivo nell’Europa occidentale di persone appartenenti a culture e sistemi differenti era una sfida totalmente nuova e per l’Italia lo fu ancora di più visto e considerato che le ultime migrazioni nel nostro Paese risalivano addirittura all’invasione normanna del Mezzogiorno.

L’Italia nella sua storia recente era stata sempre terra d’emigrazione, non certo una Nazione che disponeva di risorse ed attrattive tali da invitare popoli stranieri a spostamenti di massa sui nostri territori. Invertito questo fattore a destra si iniziarono a fare i primi ragionamenti sul tema: Pino Rauti conscio dell’estrema necessità di dotare gli italiani anche di strumenti teorici atti a superare una fase di sbandamento ideò la famosa frase “aiutiamoli a casa loro” che non era però utile solo come slogan elettorale ma aveva alle spalle una riflessione articolata della situazione.

Rauti ragionava sui reali motivi dell’immigrazione, frutto della condotta aggressiva degli opposti imperialismi e sulla necessità di adoperare gli strumenti della cooperazione internazionale per superare l’emergenza; in altre parole spingere la diplomazia italiana a farsi paladina dei diritti dei Paesi emergenti – teoria che a correnti alterne riemerge dai meandri della nostra scuola geopolitica – e contemporaneamente sviluppare un piano di aiuti volto a modernizzare i Paesi di partenza così da renderli “accoglienti” per i propri cittadini ed evitare il riversarsi in Italia ed Europa di masse di disperati e sbandati. Questa fu solo una delle tante proposte rautiane “antagoniste” a quelle della destra post-almirantiana di Gianfranco Fini che nel frattempo si stava conformando all’atteggiamento di paura e diffidenza che stava inghiottendo gli italiani.

Superare l’emotività con l’analisi non è un’impresa facile, anzi quasi impossibile, però Rauti anche in questo caso ci provò tentando di dimostrare che lo Stato aveva a disposizione strumenti ben più validi dell’accoglienza coatta o della repressione incondizionata per affrontare l’emergenza immigrazione. Certo, la vera sfida sarebbe stata quella di “costringere” Roma ad assumersi responsabilità “interventiste” all’estero che non erano mai state il punto forte della diplomazia italiana nel dopoguerra e che ne rappresentavano proprio il tallone d’Achille. Di pari passo all’analisi geopolitica Rauti affrontava quella ideologico-culturale sulla figura dell’immigrato alla fine del XX Secolo; un vero e proprio “sradicato” (i francesi direbbero déraciné ) incapace di inserirsi nel nuovo contesto di vita perché non riesce a condividerne né la mentalità né la cultura. Quella degli immigrati-sradicati era la vera “bomba sociale” che nessuno, a destra, poteva permettere che scoppiasse permettendo la liquefazione della società.

L’evoluzione della società europea in questi primi anni del XXI Secolo ha reso in parte inattuale l’analisi di Pino Rauti perché il vero déraciné non è l’immigrato che arriva nel Vecchio Continente – che nel proprio bagaglio culturale porta un forte sentimento identitario – ma l’uomo europeo che pur di accogliere l’altro è stato capace di annullarsi e di sentirsi straniero in casa propria. In questo caso il problema dell’immigrazione non è più solo legato alla politica estera ma che entra con forza anche nella sfera culturale di un popolo. Più attuale risulta oggi essere l’analisi di Alain De Benoist che in “C’est-à-dire” scrive: “Non è colpa degli immigrati se gli Europei non sono più capaci di dare al mondo l’esempio di un modo di vita che sia loro! L’immigrazione, da questo punto di vista, è una conseguenza prima di essere un causa: costituisce un problema perché, di fronte a degli immigrati che hanno spesso saputo conservare le loro tradizioni, gli Occidentali hanno già scelto di rinunciare alle loro.”

Avvicinandosi non poco alle tesi di Pino Rauti il filosofo della Nouvelle Droite sottolinea poi che il vero problema legato al fenomeno migratorio sta proprio nel tipo di accoglienza che l’Occidente sta mettendo in piedi, politicamente senza risolvere il problema (diplomatico ed economico) e culturalmente smantellando il proprio patrimonio genetico pur di “aprirsi” al mondo esterno. Oggi tutti gli errori fatti dalle classi dirigenti europee ricadono sulle spalle dei popoli ed alcuni partiti di “destra” invece che attaccare questo sistema vanno ad alimentare solo la paura per il “diverso” che è stato capace di mantenere inalterata la propria identità. Ecco che un “aiutiamoli a casa loro!” pronunciato da Matteo Salvini o da certi esponenti di Fratelli d’Italia assume quei toni miseri da partiti piccolo-borghesi capaci solo di – riprendendo di nuovo De Benoist – praticare la “politica del capro espiatorio”; ed in questo la destra “xenofoba” non è migliore della sinistra “rosa” od arcobaleno, dei grillini o di tutti i rimasugli liberal-cosmopoliti che popolano il nostro panorama politico. La destra italiana ha soluzioni per affrontare l’emergenza immigrazione senza dover ricorrere all’odio reciproco che causa nient’altro che paura ed è il più efficace innesco della “bomba sociale” di cui già Pino Rauti aveva parlato.

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