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BANCHE: ADDIO SPORTELLO AMICO?

n-VITTIME-SALVA-BANCHE-large570– A cura di Antonio Pezzopane – Settimane, quasi un mese comprensivo di festività natalizie passate sotto il bombardamento mediatico sul caso banche, rimbalzi di agenzie con accuse al governo o smentite di Ministri e Governatori, ancora una volta un grande polverone in cui è sempre più difficile distinguere ombre e responsabilità.

In un mondo disordinato, quando si perde il filo, bisogna sempre ripartire dalle emozioni. Così si supera la bidimensionalità con cui tg frenetici descrivono la vita delle persone, e parlando con loro si entra nelle loro storie, nelle loro emozioni. Capiamo in questo modo che a nulla serve una visione più ampia, più dotta, se non riusciamo a declinarla nelle vite di chi con il proprio lavoro ogni giorno assicura il carburante alla nave Italia ed oggi è tradito da realtà che si erano banche, ma possedevano quella familiarità che le rendeva a misura di risparmiatore. Tra le vittime del salva-banche cogliamo soprattutto rabbia e delusione, ma anche vergogna per “esserci cascati”, per aver malriposto la propria fiducia, una parola che ricorre spesso sul cui significato dovremmo interrogarci quando si sta parlando di banche.

Quelle Banche con meno di 10mld di capitale, Casse di Risparmio, Popolari e BCC da sole valgono quasi il 30% dei risparmi degli italiani (1400 miliardi) e che grazie a quella misura d’uomo avvicinavano il risparmiatore ai prodotti finanziari. Di per se’ strumenti straordinari se usati per aggregare capitale frammentato attorno a progetti di innovazione ed impresa, di cui l’Italia si nutre ed è rigogliosa, disastrosi quando ci si cimenta in salti mortali per avidità, sete di potere o clientelismo con una politica connivente. Come si evince dai rapporti di Bankitali e GdF proprio così Banca Etruria arriva nel Giugno 2013 a proporre migliaia di nuove azioni ai propri clienti per “proseguire quell’opera di consolidamento patrimoniale”, la verità è che la situazione era ormai stracotta e la mossa serviva a procrastinare il disastro, ingrandendolo pensando magari che si fosse diventati un “pesce troppo grande per affogare”. Con tanto di prospetto informativo approvato dalla Consob di 333 pagine (333!!) inizia il ben noto tam tam di telefonate e mail ai correntisti.

Voglio rimarcare che chi effettua investimenti in banca non lo fa perché sia un esperto, altrimenti in banca non ci andrebbe, ma perché si fida della persona che lo segue da anni. Nel nostro caso al dipendente in questione avevamo perfino fatto regali per il matrimonio e per la nascita dei figli”, questo sfogo raccolto da una delle persone coinvolte vale più di qualsiasi statistica, ci fa comprendere che ciò che si è perso è molto più di 8.5 mld: quel serbatoio di fiducia e rapporti umani senza il quale una fetta importante del risparmio non sarebbe arrivato sul mercato degli investimenti.

Gli esperti ci indicano nelle grandi fusioni il futuro del credito, dei grandi player sistemici ovvero maglie troppo grandi della rete dell’economia italiana ed europea per essere lasciate a se’ stesse. Certo la storia ci insegna che fu proprio la caduta di un gigante nel 2008 a far tremare la terra, allora cosa fare?

Senz’altro trasferire ai grandi quel valore aggiunto di vicinanza al territorio che gli istituti minori posseggono, quella conoscenza del tessuto produttivo al quale si fa credito che mai potremo scovare in alcuna tabella o statistica. Quella italiana caratteristica di saper proiettare un prodotto locale, tipico, nel mondo con grande successo, quelle medie imprese multinazionali (spesso familiari) hanno bisogno di banche capaci di comprenderle e di conoscerne le storie.

Questo patrimonio inestimabile vacilla, come l’autorevolezza di Bankitalia e Consob. Per anni ci è stato raccontato un sistema bancario solidissimo, in parte è vero, ma chi governa (non solo lo Stato) dovrebbe usare le mezze verità solo per aver tempo di risolvere i problemi sgombrando il campo dall’allarmismo. In questi anni si è risolto ben poco, al contrario c’è la sensazione che a forza di pronunciare rassicurazioni, si sia convinto anche se stessi.

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