battistiA cura di Simone Paris – É notizia di qualche tempo fa il fatto che una giovane studentessa sia stata punita per aver definito Lucio Battisti “fascista”. La ragazza, frequentante la terza media di un istituto genovese, si è resa colpevole di aver chiesto all’insegnante quale fosse l’orientamento politico del cantautore, avendo udito di un’inclinazione destreggiante del Lucio Nazionale. Il professore, sentitosi oltraggiato da un così violento atto di sovversione, ha punito la giovane con un voto negativo sul registro e con una nota di demerito.

Senza scendere nel dettaglio dei soliti discorsi sul mondo della scuola impregnato e nostalgico della cultura sessantottina, vorrei tracciare in questo articolo un ritratto di Lucio Battisti, soffermandomi soprattutto sul suo modo di essere “diverso”, lontano dagli stereotipi culturali della sua epoca, che l’hanno portato ad essere sempre etichettato come un “fascista”.

Battisti era amato e seguito da una generazione che andava controcorrente, da una generazione che non ascoltava solamente le note rosseggianti e i testi politicamente impegnati di De Gregori, Guccini e De André (solo per citarne alcuni cantautori dell’epopea sessantottina).

Battisti è un artista che ha rappresentato, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, una cultura libera ed ancorata alle emozioni e ai sentimenti che suscitavano le sue note, fuori dagli schemi troppo politicizzati di quegli anni; ingenuamente l’artista si contrappone alla cultura sessantottina del tempo, impregnata di odio politico e lotta di classe, dalla quale fu per lungo tempo osteggiato e quasi costretto a ritirarsi in un lungo e silenzioso esilio.

La figura di Battisti deve essere pienamente riscoperta, rappresenta un grandissimo artista, forse il migliore che l’Italia ha saputo esprimere nell’ ambito della musica popolare, un artista che ha saputo con la sua musica formare giovani generazioni e che deve essere ancora oggi considerato, attraverso la sua poesia e la sua musica, un sano e ideale modello da imitare, senza alcun colore politico.

Da un cantante non bisogna aspettarsi lezioni filosofiche o ideologiche, ma solo belle canzoni che suscitano in noi vere e sentite emozioni, che non sono instillate in noi dall’artista, ma che sono in noi innate e che dall’artista sono solamente risvegliate e fortemente stimolate.

I testi di Lucio non furono ispirati né da una cultura sessantottina né da una cultura alternativa alla stessa, ma solamente dal suo genio e dal suo immenso talento; furono altre persone ad interpretare i suoi testi come di destra per cercare di farne un proprio simbolo da contrapporre alle numerose icone musicali della sinistra: a tratti imbarazzante é il “Planando sopra boschi di braccia tese”, ” il mare nero” oppure il “volando intorno alla Tradizione” che riporta alla mente Evola oppure Guénon fino ad arrivare a “Il mio canto libero”, ritenuto da alcuni un vero inno della destra.

Per fortuna questa é solo “la veste dei fantasmi del passato” che ha lasciato il quadro di Battisti decisamente “immacolato” oppure colorato a seconda delle necessità e delle volontà!