tmp_25152-IMG_20160124_1429411428680474In un periodo di dibattito su temi bioetici ed imminenti elezioni amministrative, Carlo Prosperi ha incontrato Maurizio Lupi, Presidente dei Deputati di Area Popolare.

 

E’ scaduto il termine per la presentazione degli emendamenti al DDL Cirinnà, vero turning point della vita del governo di grande coalizione Renzi-Alfano. Qual è la linea di Area Popolare/NuovoCentroDestra verso il “pacchetto” di diritti proposti della senatrice?
Una linea semplice, chiara e di buon senso comune, nel senso dell’intelligenza delle cose comune alla maggioranza degli italiani: vogliamo una legge che regolamenti le unioni civili tra persone dello stesso sesso, perché sono ormai una realtà, anche se fortemente minoritaria, nella nostra società e perché ce lo impone una sentenza della Corte costituzionale. Deve essere una buona legge e non uno scimmiottamento del matrimonio come attualmente è il testo del Ddl Cirinnà. Non deve prevedere la stepchild adoption, perché la legge deve difendere il diritto del soggetto più debole, quello del bambino di avere una famiglia con un papà e una mamma, la famiglia di cui parla la nostra Costituzione, e non quello di due adulti di avere un figlio.

L’incontro avvenuto poco prima dello scorso Natale fra Alfano, Tosi e Cesa ha svelato la volontà di creare un polo a tendenza maggioritaria che, utilizzando le parole del renziano Da Empoli, superi gli steccati novecenteschi per arrivare a nuove sintesi. Il NCD governa in diversi enti locali con il PD, ed al referendum il SI sarà proposto dall’azione congiunta dei centristi con i democratici contro un NO sostenuto dagli antisistema. Il 2016 è l’anno del Partito della Nazione?

Il 2016 è l’anno in cui il Nuovo CentroDestra deve dimostrare un suo radicamento e la validità della sua ragion d’essere, e questa non è il Partito della Nazione. Siamo nati per dare un governo al Paese in una situazione di assoluta emergenza con l’impegno di fare le riforme utili per cambiare l’Italia e farla uscire dalla crisi. La prima di queste riforme è quella costituzionale, di qui il nostro impegno per il referendum, con i nostri argomenti, che non sono il sì o il no in un plebiscito su Renzi, ma il sì ai contenuti di una riforma che abbiamo tenacemente voluto e che renderà più veloce il modo di fare le leggi e più moderno il Paese.

Le elezioni amministrative saranno l’appuntamento elettorale precedente a quelle nazionali. Parliamo di Roma. Una vision per la Città?
Roma ha bisogno innanzitutto di una buona amministrazione, di una amministrazione che non insegua progetti fantasiosi ma i bisogni concreti e quotidiani dei cittadini: il decoro, la pulizia, la manutenzione urbana, i servizi pubblici, l’attenzione alle periferie. Per far questo è importantissimo stabilire innanzitutto il metodo, che è quello dell’ascolto delle esigenze e delle priorità dei cittadini, dei quartieri, delle associazioni che lavorano nella società civile, come NCD sta facendo, e poi vedere se ci sono le condizioni politiche che, condividendo quella piattaforma programmatica, permettano di costruire alleanze in grado di concorrere per vincere.

La “sua” Milano, invece? Quale proposta politica nel laboratorio milanese?

Nella Milano, che non è “mia” ma dei milanesi, il problema è lo stesso, con una differenza, in Regione Lombardia c’è un modello di governo che dimostra di funzionare bene, nel senso del bene comune. Il nostro tentativo deve essere sino alla fine quello di riproporre quello stesso modello anche per l’amministrazione della città. Una cosa è chiara: non andremo con il centrosinistra, che si presenta in assoluta continuità con Pisapia, un sindaco il cui unico merito è stato quello di portare avanti i progetti delle giunte di centrodestra che l’hanno preceduto, quelle di Albertini e della Moratti.

Il centrodestra sembra chiudersi nella riserva indiana del Partito securitario ed anti-immigrazionista. Che rapporti con la Lega e con Fratelli d’Italia?
Rapporti buoni politicamente, e con i loro leader anche umanamente, valga l’esempio della Lombardia di cui ho appena parlato. Non capisco l’ostinazione di Salvini di cavalcare in modo demagogico e populista alcuni temi, esasperandoli ed esasperando la gente, sa benissimo anche lui che così è cresciuto nei sondaggi, salvo fermarsi nelle ultime settimane, ma che con questo programma no potrà mai governare un Paese né una grande città. Al punto che ogni tanto mi chiedo: ma Salvini vuole veramente arrivare a governare, con tutte le responsabilità che ne conseguono?
Ritorniamo alle unioni civili. Andrete in piazza con gli organizzatori del Family Day? Lo dica, avete la tentazione del partito confessionale.
Se c’è una cosa che non mi ha mai tentato è il partito confessionale, e la mia storia politica in Forza Italia, nel Pdl e ora nel NuovoCentroDestra – dove si è sempre cercata la sintesi tra credenti e cattolici, tra cattolici, liberali e socialisti – credo lo dimostri. Quanto alla piazza, non è una processione organizzata dai vescovi, è una manifestazione indetta da liberi cittadini, laici quanto allo status ecclesiale, non su un dogma dottrinale ma su un tema centrale per ogni società, di ogni tradizione culturale o religiosa.

Ogni tanto, in politica bisogna chiedersi “Che fare?”. Quale grande strategia per il NuovoCentroDestra?
Portare a termine il lavoro per cui siamo al governo. Renzi un anno fa alla camera fece un elenco delle riforme necessarie per cambiare il paese: la legge elettorale, la riforma costituzionale, la riforma del lavoro, la riforma della pubblica amministrazione, la riforma del fisco, la riforma della scuola, la riforma della giustizia. Siamo a metà del lavoro, così come siamo agli inizi di una ripresa economica che finalmente dà l’inversione del segno meno davanti al nostro PIL e di cui si vedono i primi effetti sull’occupazione, scesa ai minimi dopo l’inizio della crisi, ma ancora troppo alta, come ancora sono diversificate la ripresa economica e l’occupazione nelle diverse aree del nostro Paese.
Questo per quanto riguarda il governo. Parallelamente deve andare avanti il lavoro di discussione, di elaborazione di idee e di aggregazione per ricostruire un’alternativa di centrodestra al Partito democratico, con il quale non abbiamo contratto nessun matrimonio, siamo, per restare in argomento con molte delle domande, una coppia di fatto temporanea.

Nel Vecchio Continente la sfida è fra nazionalisti e europeisti. Dopo gli egoismi della crisi migratoria, la vostra appartenenza al secondo campo è così scontata?
L’appartenenza alle file degli europeisti è scontata, non è scontato il come. La soluzione di tante emergenze, compresa quella dell’immigrazione come accoglienza ma anche come intervento di lungo periodo per fermarla all’origine, per eliminarne le cause, siano esse la guerra o la fame, la soluzione, dicevo, non è in meno Europa, ma in più Europa. C’è voluto più di un anno per far capire all’Unione Europea che i migranti che sbarcavano a Lampedusa, quelli che ci riuscivano scampando alla morte in mare, erano una questione collettiva dell’Europa e non una faccenda che riguardava solo gli italiani. Molte cose devono cambiare in Europa, ma non il fatto che l’Unione c’è e farla naufragare vorrebbe dire riportare indietro di settant’anni le lancette della storia.