-di Carlo Prosperi- Berlino, centro spirituale e materiale d’Europa.
Se dalla Porta di Brandeburgo si prosegue verso la prestigiosa sede della Fondazione Adenauer, a poche centinaia di metri un mosaico raffigurante Ronald Reagan con annessa citazione pronunciata il 7 Novembre 1987 di fronte la Porta -“If you seek peace, Mr. Gorbacev, TEAR DOWN THIS WALL!”- è seguito da un mausoleo funerario per i liberatori della Mitteleuropa, quei giovani ragazzi dell’Armata Rossa guidata dal Maresciallo Georgi Zukov, come se i destini del Vecchio Continente, da Lisbona a Vladivostok e da Reykjavik a Roma, non finissero nella matematica finanziaria del Fiscal Compact.
Sono i temi, le immagini ed i miti che Salvatore Santangelo ha voluto trattare nel suo nuovo libro “GeRussia”, pubblicato per i tipi di Castelvecchi.
Un viaggio “spaziale” fra le “Terre insanguinate” dell’Europa Centrale ed Orientale, drammaticamente tornate alla recente attualità.
Dopo la liberazione, la Germania divenne il centro di un conflitto globale, tragico nella sua storicità. Berlino perse la vocazione globale, la WeltPolitik di Bismarck, e divenne il campo di battaglia delle nuove superpotenze, fino alla caduta del Muro, la riunificazione e l’attuale leadership (o problematica headship) europea.
Santangelo riprende le categorie del giurista tedesco Carl Schmitt dell’interazione fra geografia e sviluppo sociale, adottate ora dalla scuola neo-machiavelliana statunitense, e le usa come corollario ad una solida “regola” di analisi realista.
Una “vendetta” della geografia nella Storia, come la ha definita Robert Kaplan, dove si sentono gli echi di autori della scuola di geopolitica di Monaco come Karl Haushofer.
Quella fra Germania e Russia è un’interazione continua, una storia del “grande spazio” in Europa, di cui gli eventi simbolici che dalla Battaglia del Lago Ghiacciato del 1242 ai traumi delle guerre mondiali fino ai recenti avvenimenti in Ucraina, Polonia e Paesi baltici rappresentano solo un incompleto mosaico.

Un intreccio fra Berlino e Mosca, continui scambi fra classi dirigenti ed èlite intellettuali, con aneddoti legati alla vita politica di entrambi i paesi: nel centenario della Rivoluzione d’Ottobre, miccia delle atrocità del “Secolo Breve”, l’autore ricorda come il pantheon dei rivoluzionari marxisti fosse prettamente di origine tedesca, o che la lingua franca della Terza Internazionale fosse, appunto, quella tedesca.
Lenin arrivò a dire che senza la Germania non sarebbe stato possibile esportare la Rivoluzione in Europa.
Una complessità non semplificabile senza scadere nella semplicità, così come insegna l’arte militare che “la mappa non è il territorio”.

Santangelo firma un lavoro da leggere e consultare se si vuole comprendere come una certa idea d’Europa “da Lisbona a Vladivostok” non sia solo un sogno da visionari ma un sentimento condiviso da generazioni di europei, che vivono di antiche saggezze.