– di Filippo Del Monte – Nella romana piazza San Silvestro inondata da tricolori, è iniziata la fase nuova dei sovranisti italiani. La sovranità nazionale assurta a “principio primo” di un programma politico ancora tutto da costruire ma che, si spera, sarà scritto con la più ampia partecipazione, i programmi “in provetta” scritti più dai pubblicitari che dai politici, non vanno più di moda, lo capisca chi deve capire. Molto più che a Firenze – dove pure le fondamenta del “fronte sovranista” erano state gettate – a Roma si sono sentite idee chiare; più di qualche angolo andrà smussato ma non per questo sarà impossibile lavorare sulle proposte sovraniste.

Da notare tra l’altro come Matteo Salvini – forse più per rispetto alla platea che per reale convinzione – non abbia fatto riferimento alle “Italie” ma abbia piuttosto battuto sulla necessità di difendere il comune patrimonio e la comune identità dell’Italia. Vera mattatrice della giornata è stata però Giorgia Meloni, leader giovane e grintosa, capace di arrivare al cuore delle persone. Suo il merito se in Italia il sovranismo è tornato al centro del dibattito politico, così come è stato suo il merito di aver intercettato prima di altri i segnali lanciati dall’opinione pubblica in questa direzione.

Qualche giorno fa su “Il Tempo” Marcello Veneziani aveva scritto di come la Meloni fosse percepita dal popolo come una “opinionista” di talento e quanto inconsistente fosse la struttura politica alle sue spalle. Ebbene, “Italia Sovrana” potrebbe rappresentare il salto di qualità da questo punto di vista; la Meloni come “punta di diamante” di uno schieramento sovranista ben riconoscibile; una forza politica che si candida ad essere “terzo polo” di questo Paese rispetto ad un centrosinistra egemonizzato dal PD ed al “magma” grillino. Essendo quello sovranista un progetto in fase di lancio esistono incertezze non da poco su tematiche fondamentali e forse sullo stesso concetto di “sovranità” su cui occorre fare una riflessione.

E’ interessante notare come un presupposto dello Stato, ovvero la sovranità, sia fuoriuscita dal campo politico-giuridico e sia entrata di forza in quello politico-ideologico. La crisi dello Stato-Nazione, accelerata dall’unipolarismo e dalla preponderanza delle organizzazioni internazionali a partire dall’inizio degli anni ’90, ha messo in dubbio il concetto di “sovranità”. La cessione “a spezzoni” di poteri statali sovrani ad organizzazioni sovranazionali – il processo d’integrazione europea è un caso emblematico – ha messo in dubbio funzioni, ruolo ed utilità dello Stato nel XXI Secolo. Se dall’esterno lo Stato è sotto attacco, anche dall’interno sono stati inferti in questi ultimi anni forti colpi alle proprie prerogative sovrane. Restando in Italia, la riforma del Titolo V del 2001 e la cosiddetta “devolution” hanno – anche per la colpevole accondiscendenza del centrodestra di AN e FI verso la Lega – creato quel mostro giuridico e politico che prende il nome di “Stato policentrico delle autonomie”; in altre parole, l’anticamera al crollo dello Stato unitario e sovrano.

A piazza San Silvestro la necessità di riappropriarsi della sovranità nazionale è stata la “chiave di volta” attraverso cui declinare ogni questione posta durante la manifestazione; da quelle di politica interna (sicurezza ed immigrazione) a quelle di politica estera (rapporti con la Russia, guerra in Libia e situazione mediorientale), fino ad arrivare agli stringenti problemi d’ordine economico e sociale. Se la preponderanza dell’economia reale sull’economia finanziaria difficilmente può essere ricondotta entro gli steccati d’un discorso sulla sovranità, per la questione monetaria è diverso. L’accento marcato posto sulla “questione euro” rischia di far interpetare nel modo sbagliato il concetto di “sovranità” identificandolo solo ed esclusivamente come “sovranità monetaria” e che dunque risponde in tutto e per tutto ai paradigmi già smentiti a partire dagli anni ’30 dello “Stato economico”.

Scriveva Carlo Costamagna: “Rispetto ai “poteri”, per parlare di “Stato economico”, occorrerebbe che gli organi fondamentali della potenza pubblica, cioè il cosiddetto “supporto della sovranità”, fossero gli organi a carattere o composizione professionale“. Parafrasando questa frase per i tempi d’oggi, si potrebbe dire che lo “Stato economico” è quello che ripone i fondamenti della sua sovranità nello stampare moneta. E posto che per la dottrina classica greca il fondamento dello Stato non promanava tanto dalla sovranità – economica – quanto dall’indipendenza, allora è doveroso tenere presente come per essere realmente “sovranisti” occorra difendere sì gli “organi fondamentali della potenza pubblica” rispetto alle organizzazioni sovranazionali (senza dover per forza di cose doversi chiudere a riccio rispetto ai partner europei); ma anche dare modo allo Stato di riappropriarsi di quelle prerogative fondamentali usurpategli dall’interno dopo la riforma del Titolo V del 2001.

Ci si è soffermati sul concetto di Stato perché è impossibile pensare ad una “sovranità nazionale” interpretata in chiave meramente economicistica senza una “sovranità statale” tangibile. Ecco perché dal punto di vista culturale – per non dire “ideologico” – la riflessione sullo Stato-Nazione assume nel fronte sovranista in costruzione un ruolo centrale. Impostare un programma politico, lanciare proposte, basate sulla “sovranità” significa anche avere in mente un modello statale “nuovo”. Dare una definizione alla parola “sovranità” è forse il primo passo da fare per incamminarsi lungo quel viaggio che dovrebbe portare la destra italiana fuori dalla parentesi “populista” del post-berlusconismo.