– di Filippo Del Monte – La riunione dei ministri degli Esteri del G7, del Golfo Persico e della Turchia al Palazzo ducale di Lucca è stata incentrata sulla questione siriana. Visti gli ultimi avvenimenti nel Levante, con il raid statunitense contro la base siriana di Shayrat ed i veti incrociati tra occidentali e russi all’ONU, a margine del G7 si è appunto scelto di dedicare uno spazio apposito alla Siria. Nella sostanza l’ennesimo nulla di fatto della diplomazia occidentale nel quale spicca l’arrocco difensivo dell’Italia sulla convenzionale posizione della “soluzione politica” del conflitto siriano, mantra ripetuto fino allo sfinimento dalla Farnesina fin dall’inizio della guerra ma che serve a dimostrare solo l’impotenza del governo di Roma.

Il ministro degli Esteri Angelino Alfano, fattosi promotore del meeting, non è di fatto riuscito ad influenzare la platea; questo anche perché sull’Italia pesa la mancanza di influenza politica in Siria, errore imperdonabile per una Potenza che si affaccia nel Mediterraneo e che di questo mare ha fatto lo scacchiere della sua azione principale. Alfano ha dichiarato che l’intervento statunitense ha aperto una “finestra d’opportunità” per la costruzione d’una “nuova condizione positiva” per il processo di pace. Leggendo tra le righe del criptico linguaggio diplomatico, nella sostanza gli USA hanno chiesto una riapertura delle trattative con condizioni differenti da quelle finora esistenti.

Roma non può che restare in disparte a guardare; del resto quando si accettano supinamente tutte le decisioni dei propri alleati – anche quelle contrarie ai propri più diretti interessi – questa è la fine che ci si merita. L’Italia prima dell’inizio della guerra civile poteva vantare ottimi rapporti politici ed economici con la Siria di Assad, un ponte verso i mercati in espansione del Medio Oriente ed una possibile “valvola di sfogo” per le nostre imprese più intraprendenti e dinamiche. Certo, il volume degli scambi tra Roma e Damasco non era pari a quello italo-libico dello stesso periodo, ma restava comunque un valore aggiunto importante se gli italiani avessero avuto mire strategiche di un certo tipo nel Levante. Al contrario di altre Potenze europee – Germania e Gran Bretagna su tutte – l’Italia non aveva nulla da guadagnare dall’implosione della Repubblica Araba Siriana e quel poco d’influenza che la nostra diplomazia aveva nei territori levantini è stata rosicchiata da altri attori, molto spesso da quelli che consideravamo come “stretti alleati”.

Il ministro degli Esteri Alfano con il segretario di Stato USA Tillerson a Lucca.

L’Italia ha poi criminalmente abbandonato al proprio destino i cristiani d’Oriente perseguitati ed uccisi dalle milizie islamiste dell’ISIS e dell’opposizione siriana. Alle struggenti parole di cordoglio della politica nostrana per le stragi dei cristiani non sono seguiti i fatti. La difesa di quelle popolazioni sarebbe un dovere per Roma e riaprire il dialogo con Assad, protettore dei cristiani siriani e da essi sostenuto, sarebbe il primo passo da compiere in questa direzione. I villaggi distrutti, le chiese bruciate e le tombe profanate pesano come macigni sulla credibilità internazionale dell’Italia.

Non si può poi non notare l’ipocrisia di fondo con cui Alfano ha sottolineato la piena disponibilità del G7 a coinvolgere la Russia nel processo politico in atto per la pacificazione della Siria. Inconcepibile tale dichiarazione viste le miopi scelte europee sull’Ucraina e gli eventi degli ultimi giorni in Siria, con Washington a fare la parte del leone tra i “falchi” dello schieramento anti-russo.

I raid aerei russi in Siria.

La manifesta volontà della Casa Bianca di detronizzare Assad e cancellare il bahatismo dalla Siria non è la premessa ideale per negoziare con Mosca che nel presidente siriano vede il “garante” della propria presenza sulla costa orientale del Mediterraneo. Poi non nominare Teheran tra le parti interessate al processo di pace – concessione probabilmente fatta ai rappresentanti sauditi e turchi presenti a Lucca – significa non voler aprire nuove finestre negoziali; quindi nei prossimi mesi una recrudescenza del conflitto è più che probabile. Le condizioni non cambieranno fintanto che non vi saranno concessioni sostanziali sbilanciate verso una delle due parti impegnate nel conflitto. Al centro di qualunque trattativa resta il destino di Assad con USA e Russia che hanno posizioni inconciliabili come già detto. Il raid americano di qualche giorno fa non ha aperto una nuova fase della guerra in Siria ma ha segnato un nuovo drammatico stallo.