-di Federica Russo- Questa settimana a Davos sta avendo luogo l’annuale meeting del World Economic Forum, appuntamento fondamentale per un leader, una business woman o un business man che, ogni giorno, si misurano con le sfide poste da un mondo in continua trasformazione. Un vero e proprio brainstorming, un confronto stimolante su temi e questioni che richiedono una strategia, in molti casi, comune.
Ad esempio, la Globalizzazione: ha apportato indiscutibili vantaggi oppure è stata solamente una delle cause principali dei maggiori problemi che i Paesi stanno tentando di fronteggiare ( crisi finanziaria, avanzata dello Stato Islamico, flussi migratori etc.) ? Di essa ha discusso il Presidente della Repubblica Popolare Cinese , Xi Jinping.
In un discorso che, a fatica, può essere ricondotto al “ZONG SILING“ di una nazione comunista, egli ha sostenuto con vigore la tesi secondo la quale la Globalization , criticata da molti, vada in realtà difesa per i benefici apportati e che apporterà in futuro. L’economia Globale è “un oceano” dal quale non si può e non si deve scappare. Chi prova a farlo, presto o tardi, è destinato al fallimento. Piuttosto occorre imparare a nuotare in esso, ponendo in essere nuovi modelli in grado di rispondere alle difficoltà incontrate, limitarne gli effetti negativi, trarre vantaggi dalle opportunità offerte e, soprattutto, guidare il processo stesso affinché tutti possano sviluppare le proprie economie nazionali, divenendo più competitivi e migliorando la qualità della vita delle proprie popolazioni. Ma come? Innanzitutto occorre, per il Presidente Cinese, prendere coscienza dei tre problemi che hanno fatto si che, ad oggi, la crescita globale sia nella sua fase più lenta: mancanza di forze trainanti che favoriscano l’insediamento di nuovi “motori di sviluppo” , inadeguata Governance Globale capace di mettere in atto regolamentazioni che possano rispondere alle diverse richieste dettate dal formarsi di nuove supply – industrial – value chains e che possano rispecchiare uno scenario in cui sono i mercati emergenti a contribuire per l’80% alla crescita, infine l’ampio gap esistente ancora tra le aree, con 700 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà.
Abbandonando l’idea delle lotte commerciali che, in una situazione così delineata, non porterebbero a nessun tipo di vincitore, le soluzioni su cui puntare sono:
Continua Innovazione, nuove politiche strutturali, affrontare gli ostacoli posti dal cambiamento climatico, sfruttare al meglio i benefici dell’IT, creare occupazione.
Cooperare nonostante i contrastanti interessi, puntando sulla Connettività globale con il libero scambio, la liberalizzazione degli investimenti e scoraggiando le politiche protezionistiche. Xi non esita a sostenere come quest’ultime portino lo Stato che le adotta a “chiudersi in una stanza buia: si tiene fuori il vento e la pioggia ma, allo stesso modo, si evita la possibilità di godere della luce e dell’aria”.
Riformare la Governance Globale con eguale partecipazione dei membri ai processi decisionali, a prescindere dalla loro dimensione o ricchezza.
Ricordare che lo sviluppo è, in primo luogo, “per le popolazioni”: va garantito quindi un eguale accesso alle opportunità.
Questo, secondo Xi Jinping, è stato fatto dalla Cina la quale, nonostante i primi dubbi inerenti all’adesione alla WTO e all’apertura nei riguardi del contesto esterno, ha deciso di permettere alla cooperazione economica internazionale di contribuire alla propria crescita e, contemporaneamente, di apportare essa stessa dei vantaggi allo sviluppo globale attraverso la propria attiva partecipazione.
Negli ultimi anni infatti, il Gigante asiatico ha subito una trasformazione senza precedenti: il GDP è passato da 9.3 a 11.9 ,ha contribuito alla crescita Globale in una misura pari al 30%, si è configurato nel 2015 come il maggior investitore transnazionale in virtù di un elevato numero di Holding oltremare che nei prossimi anni è destinato comunque a salire vertiginosamente, parallelamente oggi il Governo cerca anche di aumentare la domanda interna e quindi il volume delle importazioni.
Aver associato, troppo frettolosamente e ingenuamente, la parola “crisi” a quella che è la seconda economia mondiale è stato un errore compiuto da noi occidentali, sicuramente anche per la poca trasparente informazione che caratterizza quanto la Cina fa “fuori ed entro il campo da gioco”. Il primo volume del “Cina Report” , grazie allo studio effettuato per la Morgan Stanley Asia da Stephen Roach dell’Università di Yale, ci aiuta a comprendere come, in verità, il dodicesimo piano quinquennale (2011-2015) abbia avuto tra i prioritari obiettivi proprio quello di evolvere il Modello economico adottato da uno schema prevalentemente basato sull’export, ad uno che potesse favorire le importazioni. In questo quadro, si evidenzia, aumento dell’inflazione, diminuzione degli investimenti esteri, svalutazione della moneta si configurano come passaggi fondamentali caratterizzanti quell’equilibrio che va per un attimo perso prima di compiere il passo successivo.
Se è vero che la storia è stata fatta da chi ha dimostrato di avere coraggio di cambiare, allora la Cina ha molto da insegnare. Imparare è d’obbligo.