– di Filippo Del Monte – Continua il braccio di ferro tra Italia ed Ungheria dopo le ultime dichiarazioni di Viktor Orban che si è detto pronto a porre il veto sulle “quote migranti” e, se necessario, a ricorrere alla Corte di Giustizia Europea contro quello che il premier ungherese ha definito “un rospo”. Nei giorni scorsi Matteo Renzi aveva usato parole di fuoco contro i vertici di Bruxelles minacciando di porre il veto al bilancio comunitario se l’UE non avesse sostenuto il “Migrant compact” italiano.

Naturalmente le dichiarazioni del premier italiano hanno fatto scattare le critiche dei Paesi dell’est europeo, fortemente ostili a qualunque “smistamento” di immigrati nei loro territori. L’esecutivo di Budapest, capofila nella battaglia anti-immigrazione, non ha esitato a mettersi di traverso tra Roma e Bruxelles sventolando la bandiera della sovranità nazionale. Infatti secondo Orban qualunque imposizione sulle politiche migratorie da parte di Bruxelles sarebbe un’intrusione negli affari interni ungheresi – trovando appoggio anche tra i partner dell’Europa orientale – che non potrebbe essere tollerata; da qui la speranza che i circoli politici ungheresi nutrono nei confronti della presidenza UE slovacca che punta ad eliminare dall’agenda le “quote migranti” entro dicembre.

Lo scontro tra italiani ed ungheresi era un passaggio obbligato nel tortuoso cammino del “Migrant compact” verso l’approvazione; l’ennesimo ostacolo dopo i tentativi tedeschi di “sabotaggio” sul pacchetto italiano. Dunque Roma e Budapest si guardano in cagnesco da opposte barricate ed è triste constatare che due Stati che stanno subendo danni dall’ondata migratoria stiano combattendo su fronti opposti questa battaglia. Questa situazione non giova a nessuno ed il perché è presto detto.

I trattati internazionali in materia di immigrazione hanno legato le mani al nostro Paese ben più della cultura progressista dell’accoglienza coatta ed ingiustificata. Se i progressisti sono culturalmente miopi, i trattati oggi in vigore – quello di Dublino in testa – sono strumenti politico-giuridici criminali. Impegnarsi a rispettare gli obblighi connessi con questi trattati fu per Roma un errore che oggi viene scontato a caro prezzo. La sua posizione geografica rende l’Italia una frontiera d’Europa nonché la testa di ponte per tutti i migranti diretti al di là delle Alpi. I Paesi confinanti hanno preferito – nel pieno rispetto dei trattati – costruire un “cordone sanitario” attorno all’Italia con respingimenti di migranti alle frontiere e causando non pochi problemi d’ordine pubblico nel nostro Paese (gli scontri di Ventimiglia a tal proposito insegnano).

Per evitare di trovarsi nella stessa situazione degli italiani, gli ungheresi hanno affrontato il problema alla radice costruendo quei muri che li hanno resi “tristemente famosi” nei circoli radical-chic di tutta Europa. Bisogna essere consci del fatto che “fare come l’Ungheria” è per l’Italia impossibile, ed aver richiesto più volte soluzioni di questo tipo ha estromesso la destra italiana dai tavoli che contano in questa discussione. Pur mantenendo un’ampia maggioranza nelle piazze più inquiete, le forze di destra non riescono ad incidere nel dibattito politico – nel “mercato delle emozioni” ci riescono benissimo – nazionale in materia di immigrazione. Proponendo soluzioni sull’onda di quelle ungheresi o addirittura legate alla possibilità di dar vita a veri e propri hub marittimi per identificazioni, smistamenti ed eventuali espulsioni, la destra italiana ha perso per strada il pragmatismo necessario per sconfiggere i progressisti su questo piano. Riguardo la seconda soluzione “irrealizzabile” è doveroso fare una considerazione: la Marina Militare sarebbe comunque costretta a gestire questi hub in acque internazionali e non eviterebbe comunque di fare da “taxi” per frotte e frotte di migranti, anzi, al netto della situazione aggiungerebbe anche la funzione di “agente di dogana”, o peggio, di “portiere d’albergo”.

Entrambe queste proposte sono figlie di una sorta di “rimozione” del problema immigrazione da parte dell’attuale destra politica e questo porta alcuni esponenti politici a fare dichiarazioni fin troppo astratte, che se funzionano in termini di pancia, non sortiscono lo stesso effetto in termini di cervello. Si è arrivati così a dover percorrere una strada obbligata che – obtorto collo – è quella di sostenere le “quote migranti”. Questa è una scelta politica che va accettata ma non lodata; è sicuramente una soluzione provvisoria ed insufficiente, eppure mette gli Stati comunitari dinanzi al dovere di tendere una mano all’Italia, finora lasciata sola a gestire un’emergenza che richiede il dispendio di molte più risorse rispetto a quelle attuali. E questi Stati “egoisti” non sono stati finora solo Francia ed Austria che ci lasciano con la gatta da pelare alla frontiera, o la Germania con la sua finta indifferenza, ma anche l’Ungheria è seduta al banco degli imputati perché con la sua politica oltranzista sta spingendo l’Italia ad affogare nel suo stesso mare, sommersa dai barconi.

Ed allora il discorso in questo caso non è appoggiare Orban o Renzi; è piuttosto quello di scegliere tra accettare la situazione presente o reclamare il diritto alla cooperazione che ci spetta. Dunque tra i muri degli altri ed eretti a nostro discapito ed una soluzione – che, ripetiamo, è comunque insufficiente – provvisoria come le “quote migranti” bisogna scegliere, turandosi il naso, la seconda.