A cura di Giorgio La Porta – Non un minuto, non un servizio del nostro Tg1 per ricordare i ragazzi di Nassirya, il tg nazionale di quella Rai che costa 10 euro al mese nella nostra bolletta della luce si è proprio dimenticato della ricorrenza. Eppure il tempo per aprire su Pd, treno di Renzi e manifestazione di Pisapia è stato ampiamente trovato. Anche Renzi, twittatore ossessivo compulsivo, non ha trovato un solo istante per mandare un messaggino in onore di quei ragazzi morti per combattere contro il terrorismo. Ragazzi che oggi vengono profondamente offesi da questa dimenticanza.

Poi ci spostiamo di qualche metro e saliamo sul colle più alto di Roma dove c’è il Quirinale. Entriamo nel profilo ufficiale twitter @Quirinale ed è fermo al 10 novembre, perchè nel week end non si lavora e sarebbe troppo faticoso scrivere un messaggino per i nostri ragazzi morti in una strage a Nassiriya.

A tg1 quasi terminato arriva però una nota con la quale il Capo dello Stato manda un messaggio in occasione della giornata delle vittime in missione di pace. Una giornata istituita nel 2009 per legge dal Governo Berlusconi che scelse proprio questo giorno per una giornata del ricordo. Un foglietto striminzito per adeguarsi alla legge ma non c’è nessuno spazio per una foto, un servizio, un ricordo decente.

Poi entriamo nel profilo twitter del Primo Ministro italiano, Paolo Gentiloni e anche da lui il silenzio fa paura. Non un solo tweet, 140 caratteri per ricordare i soldati morti in una strage che ha commosso e fermato l’intera nazione.

Allora mi arrogo io il diritto, anzi il dovere, di ricordare ciò che qualcuno vorrebbe mandare nel dimenticatoio. Quando costruimmo questa piattaforma digitale lo facemmo proprio per essere liberi dai condizionamenti e diffondere in rete le cose che la stampa ufficiale non racconta. E allora vi dico cosa ricordo.

 

Ricordo quella folla infinita di italiani cantare l’inno di Mameli. Ricordo che siamo rimasti ordinatamente in fila per intere giornate per rendere omaggio al Vittoriano a quei ragazzi, morti per un attentato terroristico.

Ricordo il cordone umano di persone ai lati della strada lungo chilometri che accompagnava i feretri dal Vittoriano alla Basilica di San Paolo nel giorno dei funerali. Tutto si fermò in un clima risorgimentale che avrebbe reso orgogliosi i nostri padri della Patria.

Ricordo i pub che chiudevano per rispetto, tanti ragazzi e ragazze mollare tutto, prendere il tricolore e mettersi in fila anche per 10 ore. Ricordo i volti tristi e le lacrime delle persone che si abbracciavano per strada. Ricordo quelle vite spezzate e le parole dignitose delle loro famiglie.

Ricordo anche qualche esponente della sinistra che ridacchiava allegramente, neanche stesse facendo l’aperitivo, ma la sensibilità di certi soggetti è ormai nota.

In questi 14 anni però, qualcosa è cambiato, ci stiamo abituando agli attentati e li stiamo normalizzando nella nostra mente.

Non capiamo che quei valori che ci hanno portato a scendere ieri in piazza per stringerci attorno al dolore di quei ragazzi, sono probabilmente il nostro patrimonio più bello.

Un patrimonio che ci dice di essere italiani nel dna e di esserne profondamente orgogliosi. Un dna di pensatori liberi e ribelli che non si fanno azzittire dal governante di turno che vuole imporre i suoi silenzi e farci pensare le cose che gli piacciono di più.

La rabbia di oggi me la porto nel cuore per qualche altro giorno. Almeno fino al giorno di apertura della campagna elettorale, quando con la rabbia e l’amore di sempre andrò a votare per mandare definitivamente in pensione questo esercito sinistro di smemorati.