Parisi-di Luca Proietti Scorsoni- In attesa di riversare piena sostanza all’interno del proprio progetto politico Stefano Parisi sta dando ampia dimostrazione di saper ben modellare la semantica. Infatti, grazie ad un uso accorto e sapiente delle parole, il manager meneghino sta tratteggiando la cornice valoriale e culturale all’interno della quale, si spera, verrà imperniata la Forza Italia del domani. Innanzitutto quella esplicitazione culturale riguardante la connotazione liberale e popolare del movimento azzurro. Di fatto un ritorno al futuro rammentando gli intenti originari del partito forzista legati ad una declinazione di massa del liberalismo. In sintesi, prima della geniale intuizione berlusconiana, la dottrina liberale si è costantemente posta alla stregua di un pensiero eccessivamente elitario, incapace cioè di interfacciarsi con le sensibilità sociali di ampi strati della popolazione. Questo del resto è sempre stato il cruccio di grandi pensatori di area: da Ludwig von Mises al nostro Giuliano Urbani. Ebbene, Forza Italia, ai suoi albori, si era caricata sulle proprie spalle la responsabilità di dar vita ad una narrazione liberale e originale, per la quale le idee propugnate dalla filosofia della libertà non dovevano risultare solamente applicabili ma addirittura salvifiche per qualsiasi persona, a prescindere dal suo ruolo all’interno di quella macchina complessa che chiamiamo società. Non solo. Parisi, nel volgere di qualche intervista, è riuscito addirittura a spazzar via anche quella definizione fallace che ultimamente è stata troppe volte accostata al mondo conservatore. Sto parlando del termine “moderato”. Sentite la risposta che il nostro ha fornito ad un giornalista una manciata di giorni fa sul tema: “Io non sono moderato, anzi sono molto determinato”. Fine della farsa, finalmente. Il moderatismo è un’inclinazione dell’animo umano, non può attecchire nella prasseologia politica, specie se il riferimento è rivolto al liberalismo. Anzi, diciamo di più: non si può essere liberali e parallelamente moderati. I due termini cozzano, sono ossimori concettuali. Silvio Berlusconi nell’ormai mitico ’94 voleva dar vita ad una rivoluzione in cui le parole d’ordine erano più impresa, meno Stato, libero mercato, sussidiarietà, Occidente. Ebbene, un siffatto dissolvimento dell’ovvio centralista e statalista nostrano come poteva essere classificato alla voce moderato? Non per nulla chi in Italia ha voluto forzatamente accostare le due espressioni – chi ricorda Samorì ed il suo MIR (Moderati in Rivoluzione)? – si è come dissolto all’interno del panorama politico e mediatico nazionale. Voglio aggiungere un ulteriore indizio – e siamo al terzo, dacché scatta la prova – relativo al profilo che Parisi immagina per la nuova Forza Italia. Per il mese di settembre il nuovo “amministratore” forzista ha indetto una kermesse politica, ma non partitica, per dar voce ai corpi intermedi della società italiana: imprenditori, giornalisti, liberi professionisti, uomini di cultura, professori universitari. Stefano Parisi ha parlato nello specifico di “Leopolda Blu” e così dicendo per molti ha fatto il verso a Renzi. In realtà il primo a parlare, e ad organizzare, un laboratorio di idee orientato a destra e marchiato con la stessa espressione di cui sopra, è stato l’attuale Direttore Scientifico della Fondazione Einaudi, Lorenzo Castellani. Quindi: pura coincidenza o una sincera convergenza ideale con quegli ambienti intellettuali che per tanto tempo sono stati posti ai margini – eufemisticamente parlando – dallo stesso movimento forzista nelle proprie strategie politiche e programmatiche? La speranza è che si possa finalmente delineare una realtà politica che assuma i connotati di una rete nodale, nella quale alle realtà più propriamente partitiche – e qui Parisi sembra ispirarsi ad antiche e nobili suggestioni fusioniste – si accostino nuovi spazi di elaborazione prettamente culturale. Il tutto per dare vita ad una reale e fruttuosa contaminazione tra le due dimensioni, tale per cui si possa poi generare un agognato effetto sinergico. Staremo a vedere.