francesco storace - centrodestra.it– A cura di Giovanni Russo – Francesco Storace scelto dal 35% dei votanti. Questa è la percentuale raccolta dal leader di La Destra dai lettori che nei giorni scorsi, mentre la lista Noi con Salvini sfidava la pioggia e qualche atto di intolleranza rossa con le cittadinarie, hanno risposto al sondaggio lanciato sul nostro giornale centro-destra.it, dove chiedevamo, in particolare ai cittadini romani, chi vorrebbero come candidato Sindaco del centrodestra a Roma. Bertolaso, candidato ufficiale del centrodestra almeno per ora, raccoglie il 28%, Marchini outsider per eccellenza il 21%, Pivetti da applausi sinceri, visto che non si conosceva il suo radicamento a Roma il 9% , Rampelli 6% , dichiara invece il 2% che non ha ancora deciso e 1% che non andrà a votare. Al di là del risultato, ciò che emerge forte e chiaro, in modo particolare da come viene gestita la fase preelettorale da Milano a Roma fino alle altre città in cui si andrà al voto, è che in Italia un centrodestra, o meglio una Destra, non c’è più.

Con la fine dei partiti della Prima Repubblica sono prevalsi movimenti e partiti di tipo personalistico, monocratico e a scarsa se non nulla partecipazione democratica. Quello che un tempo, ancorché deciso davanti a un “caminetto” , era il risultato di dibattiti e discussioni ex ante o ex post in organismi legittimati come le direzioni e i consigli nazionali dei partiti, si riducono adesso, nel passaggio traumatico dalla seconda alla terza repubblica, a decisioni concordate tra i capi e/o capetti delle residue forze politiche senza più solide culture di riferimento. Il “partito personale” sembrava dovesse colmare il vuoto lasciato dai partiti tradizionali dopo Tangentopoli. S’è visto che fine ha fatto, grazie anche alle leggi elettorali che hanno prodotto la più inadeguata classe politica del dopoguerra.

Non c’è più trippa pé i gatti” insomma, direbbe il nostro simpatico e rimpianto Franco Evangelisti, braccio destro di Giulio Andreotti nella DC che fu. In assenza di partiti politici espressivi di autentiche e radicate culture politiche e di reali rappresentanze, potevano essere tante le opzioni sul tavolo, a cominciare dalle sempre acclamate primarie da parte di Fratelli d’Italia e Lega, fino alla discesa nell’arena dei due “titani” emergenti nel frammentato panorama destrorso: Meloni per Roma, Salvini per Milano. Ma una gravidanza ha arrestato la prima, e per il secondo il richiamo della tanto amata “Madonnina” può attendere visto il totale impegno a livello Nazionale. Così ancora una volta, nel 2016 come nel 1994, è stato Silvio Berlusconi a dare le carte sui tavoli più importanti. Non ha più i consensi di un tempo, ma Silvio basta a sé stesso come disse lucidamente ai tempi della discesa in campo Montanelli: “L’Italia attendeva da tempo un Berlusconi. E Silvio tra i Berlusconi presenti, era il migliore.” Dovrebbe essere una citazione anacronistica per i tempi odierni eppure il filo di Arianna per uscire dalle sacche dell’indecisione lo tiene ancora lui, calando Stefano Parisi per Milano e Guido Bertolaso per Roma, due persone che vengono dalla società civile, certificazione della fine dei partiti politici. C’è poi chi da Destra, con l’appoggio della nuova Azione Nazionale, di Alemanno e della destra sociale romana, ha deciso di giocare la sua partita, lanciando l’ hashtag #torneràpulita riferendosi ovviamente a Roma, Francesco Storace, unico candidato di destra, con una storia di destra e di coerenza, rispetto a tutti gli altri: Fassina, Marino, Giachetti, Bertolaso e Marchini che hanno storie di sinistra. Per Bertolaso e Marchini è per loro stessa ammissione, purtroppo. Tra tutti è proprio l’ex Governatore del Lazio a registrare il maggior gradimento, e non solo a destra, soprattutto quando ad esprimersi sono i cittadini “normali” come nel nostro sondaggio, e non i capipartito, rappresentando un punto di riferimento unitario al di là di ogni etichettatura di partito, lontano dai riti brianzoli fatti di intrecci tra banche ed assicurazioni, costruttori e showgirl ed essendo l’unico ad aver chiesto ed invocato le primarie nel centrodestra.

Così nel pazzo mondo delle identità, ancora una volta non c’è il primato della politica, lo scatto d’orgoglio e di dignità di una classe dirigente che, specie nella Capitale, poteva dare l’imprinting a questa campagna elettorale, formando un fronte nazionale unitario capace di imporsi e di ben governare, piuttosto che lasciare gioco facile al prevedibile ballottaggio tra il Partito Democratico e i 5 Stelle. Si è persa ancora una volta la capacità di fare sintesi e di difendere la tradizione e i valori di una storia che tra Congressi, guerre fratricide e tesseramenti falsi non vede più sorgere leadership e guide. Migliaia di uomini e donne in tutta Italia chiedono un tetto, un luogo dove tornare, insieme, a lottare; una destra aperta autonoma, sovrana, libera, nazionale e popolare, identitaria e coraggiosa, dove accogliere senza gelosie – e soprattutto superando vecchie ruggini – tanta gente per ridare speranza ad un popolo intero che ha militato nelle piazze e non nei format di Mediaset.

Basti pensare che nel ’93 Fini (Segretario Nazionale dell’allora MSI) raccolse il 35% delle preferenze e nel 2008 Gianni Alemanno, esponente di spicco della destra sociale, con il 53.7% si insediò al Campidoglio. Sicuramente altri tempi, ma se è vero che la destra guarda alla tradizione, che riscopra quella vincente.