no-di Riccardo Pilat- Una mattinata all’insegna della mobilitazione, un fermento a sostegno del NO referendario da Milano a Roma. Nella Capitale infatti si parte dalla presenza di banchetti e gazebo di Forza Italia, alla manifestazione del comitato nazionale “NO grazie” di Fratelli d’Italia, e ancora la kermesse popolare del senatore Mario Mauro a cui hanno aderito gran parte dei protagonisti del centro destra nazionale. Ad aprire la manifestazione dopo i saluti di rito, tre ragazzi universitari che in pochi minuti a testa hanno evidenziato le criticità e le perplessità della riforma, dalla modifica del Titolo V, all’impianto ottenuto con il combinato disposto dalla legge elettorale.

Temi già sentiti ma che oggi provengono da volti diversi, creando nuova linfa e nuovo entusiasmo in vista del grande giorno. Sulla scia del NO si sono alternati esponenti di Forza Italia, come i capogruppo di Camera e Senato Paolo Romani e Renato Brunetta, Maurizio Gasparri, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, Souad Sbai in rappresentanza di Noi con Salvini, l’onorevole Giuseppe Gargani, presidente del comitato popolare per il NO, Enzo Rivellini e Vincenzo Niro. Una tavola rotonda rapida ed incisiva basata su due temi fondanti, il perché della scelta di campo a sostegno della bocciatura del testo di riforma Renzi-Boschi e la ricostruzione dell’area moderata.

Un giro di dichiarazioni coordinate dal direttore dell’Opinione Arturo Diaconale. Si parte con il Senatore Paolo Romani che ha ribadito i passaggi cruciali della vita legislativa del suo partito, partendo dal “Patto del Nazareno” tradito, dalla volontà di essere riformatori ma con regole certe, dalla ricostruzione di un’area, di un partito di centro che abbia gli alleati storici della destra italiana. Un cantiere che, ribadisce Romani, è aperto a tutti, senza esclusioni, ma che non deve distruggere una storia politica di 22 anni.

Sul pezzo riparte Giorgia Meloni che apre una riflessione sulla linea del centrodestra e di tutti quelli che vogliono essere alternativi a Renzi, ponendo l’accento su ciò che si vuole “dopo” ossia che cosa si intenda proporre in caso di vittoria del NO. La giovane leader infatti riconosce la necessità di ritornare alle urne senza passare per un Governo di scopo, ma attraverso un esecutivo dimissionario che nell’arco delle settimane successive proponga e approvi le modifiche alla legge elettorale, in primis l’eliminazione dei capilista bloccati. Sul punto del centrodestra il leader di Fratelli d’Italia ricorda le elezioni amministrative, la necessità di chiarezza ed identità all’interno del percorso di riaggregazione dello schieramento.

A parlare invece di numeri e cifre si è concentrato l’onorevole Renato Brunetta, che ha ribadito come il fronte de NO sia in vantaggio nei sondaggi aumentando il distacco: da un 52 a 48 ad un 54 e 46. Una testimonianza, come ribadisce il capogruppo alla Camera, che fa riflettere su come tali proiezioni potrebbero essere ancora più elevate se ci fosse un dibattito e una comunicazione nazionale non di parte. Una denuncia che colpisce le TV e le testate.

Tra i vari punti di vista si aggiunge anche quello di Maurizio Gasparri che, allineandosi alle parole di sostegno al NO referendario, apre una nota sul fronte della ricomposizione dell’area, dalla critica ai partiti “pretesto” ossia quelli “dello 0,8 percentuale” utili solo per un seggio, all’esigenza di ricomporre un bipolarismo infranto con lo scioglimento del PDL.

A chiudere la tavola rotonda è stato l’onorevole Gargani, che ha insistito sull’importanza dei giovani all’interno del dibattito pubblico referendario. L’importanza e l’opinione delle giovani generazioni rappresenta un punto snodale sul futuro del nostro Paese e quindi anche sul futuro della Carta Costituzionale.

A chiudere la manifestazione è stato il padrone di casa, il senatore Mario Mauro che ha ribadito come questa campagna stia lacerando il Paese, come questa corsa al consenso da parte del Premier spezzi l’unità della nostra società, invece di unirla. L’ex ministro infatti ribadisce che le regole comuni possono e devono essere cambiate ma non imposte a colpi di maggioranze. Un messaggio quindi che va oltre la politica partitica e parlamentare ma che riconosca la centralità di un “noi”, cittadini italiani, quali “padri costituenti” e come volontà nazionale di un cambiamento riformatore condiviso e sopratutto aperto.