stefano parisi-a cura di Luisa Iannelli- Non è passato neanche un mese dalla sua investitura ufficiale da parte di Silvio Berlusconi, eppure Stefano Parisi ha già scompigliato le carte in quello che fu il centrodestra. Formalmente incaricato di riorganizzare, sul modello azienda, il partito di Silvio Berlusconi, molti già guardano all’ex AD di Fastweb come possibile antagonista di Matteo Renzi e come federatore di un nuovo centrodestra in grado di affermarsi alle prossime politiche. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi, stando almeno alle dichiarazioni non solo dei suoi potenziali alleati, ma anche di quanti, all’interno di Forza Italia, mal digeriscono la presenza di quest’uomo dall’aspetto rassicurante, mai sopra le righe, composto e pronto – almeno così sembrerebbe – a compattare attorno a se la cosiddetta area moderata.
La prime uscite televisive di Parisi “leader” non sono state particolarmente incisive eppure sono state capaci di creare una sorta di spaccatura che non lascia presagire nulla di buono. Se guardiamo infatti dentro Forza Italia troviamo molti nomi “illustri” che non si dicono pronti a seguire Parisi nella sula Kermesse attesa per metà settembre a Milano. Lo stesso Giovanni Toti – già fedelissimo di Berlusconi – è apparso più propenso ad un asse con Salvini e Meloni piuttosto che alla creazione di un’area che, per definizione dello stesso Parisi, abbandona la vecchia dicitura di centrodestra per definirsi liberal-popolare.
La situazione non migliora se diamo uno sguardo ai principali alleati. Matteo Salvini, principale antagonista per la leadership, ha da poco derubricato Parisi ad un non noto giocatore di calcio (ovviamente ironizzando), ma anche nella sua Lega ci sono non pochi problemi vista l’apertura del vecchio leone Umberto Bossi al progetto berlusconiano e la parziale approvazione di Maroni.
Giorgia Meloni, pur avendo compreso alcuni limiti della strategia di Salvini, propenderebbe più per un rilancio di un fronte delle destre assieme a Toti e Fitto tralasciando, invece, quanti siedono al governo con Renzi e voteranno si al referendum costituzionale.
Alfano si dice pronto a ritornare nella sua “casa naturale” ma non prima di aver portato a termine la legislatura e l’approvazione della tanto contestata riforma costituzionale. Ci cono poi i tantissimi gruppi nati dalla dissoluzione del PDL cui bisognerà chiedere cosa faranno per le prossime politiche, ovviamente dopo aver appurato con quale legge elettorale si concorrerà.
Insomma per Parisi la strada non sembra facile: dovrà riorganizzare – entro settembre – Forza Italia sul territorio; trovare il modo di mettere a tacere i mal di pancia interni; individuare un programma da condividere con gli alleati, convincerli e, nel frattempo, organizzare una campagna referendaria dai cui esiti dipenderanno molte delle sue scelte future. Vanno poi esaminati alcuni aspetti non del tutto secondari, le famose linee di frattura che attraversano l’area politica cui dovrebbe guardare il suo progetto. La prima è un a frattura di natura “ideologica”: Come pensa, l’ex manager, di coniugare la parte cosiddetta identitaria con la sua idea liberal popolare? La vocazione di Parisi sembrerebbe quella di perseguire la famosa rivoluzione liberale di Berlusconi ma rischierebbe di inseguire la politica renziana più che opporvisi con il risultato di perdere un’area politica che, nel bene o nel male, raccoglie circa il 20% dei consensi.
La seconda, un po’ più sottile, di natura “generazionale”. Non sarà certo sfuggita ai più attenti che, mentre attorno a Parisi si sono ritrovati, con qualche eccezione, i “grandi vecchi” della stagione rampante del PDL, la generazione di quarantenni appare più fredda quando non apertamente critica. Del resto Salvini, Meloni, Toti, Fitto sono i giovani cui anche Berlusconi aveva guardato in passato e difficilmente saranno disposti ad arretrare a favore dell’ennesimo esperimento del mago di Arcore.
C’è poi da chiarire un ultimo aspetto, non trascurabile. Alcuni dei voti che furono dell’allora PDL sono confluiti nel PD renziano o nella favola a cinquestelle, altri, non pochi, hanno alimentato l’area del non voto o del disinteresse. Alla luce dei fatti, analizzando anche gli ultimi risultati elettorali, Stefano Parisi punterà ad inseguire ora Renzi ora il Moviemnto 5 stelle oppure cercherà un messaggio nuovo, una struttura innovativa, degli strumenti di partecipazione finalmente democratici per guadagnarsi il suo proprio elettorato? La strada è ancora lunga, anche se settembre è vicino. Per ora la campagna referendaria sarà un primo importante banco di prova e di dialogo ma, si sa, le coalizioni “contro” sono pronte a dissolversi, quelle “per” saranno, invece, destinate a durare.