NOI– A cura di Mirko de Carli – Renzi ha perso. Il dato definitivo del voto sul referendum costituzionale ha confermato lo schiaffo morale anticipato dalla piazza del Family Day del Circo Massimo con lo striscione #RenziCiRicorderemo. Ha perso una battaglia ma non la guerra. Perché se i numeri del Viminale dicono che il 60% circa degli italiani ha bocciato la riforma Boschi (e il governo attuale), la realpolitik ci spiega che il segretario del PD ha misurato il suo consenso personale al 40% circa. Nel tutti contro uno di domenica il fronte del No ha vinto il set ma il match è ancora apertissimo. Non a caso Renzi ha già messo le mani avanti prepotentemente: sulla nuova legge elettorale non mi immischio, ha dichiarato, se ne occupino i partiti usciti vincitori dall’appuntamento referendario.

Ora la palla passa al Presidente Mattarella che dovrà verificare se ci sono le condizioni o per un governo “di ordinaria amministrazione” a guida Grasso per traghettare il paese ad elezioni a primavera (portando ad approvare il Def a dicembre senza turbolenze) o per un governo di scopo (magari a guida Franceschini) con l’obiettivo di una nuova legge elettorale e il voto in primavera 2018. Anche qui Renzi giocherà un ruolo determinante: sarà disposto a dare la fiducia ad un esecutivo tecnico o si trincerà dietro la scusante riassumibile in questi termini (già odorati durante la conferenza stampa di ieri notte) “io ho perso, ora la parola ai vincitori”? Sicuramente quello che non deve verificarsi è l’immediata corsa ad intestarsi la leadership del fronte variegato del NO da parte di uno dei leader più in vista: ora occorre davvero uno spirito costituente, purtroppo ancora difficile da trovare. Nessuno, Berlusconi in primis, deve cadere nell’ipotetico tranello di un governo tecnico dove appoggino il PD alla stregua di quanto fatto da Alfano e soci dopo la fine del governo Letta. O tutto compatto il fronte del NO o niente. Meglio le elezioni subito che un governicchio inconcludente che aumenterebbe solo il malumore degli italiani e quindi l’ipotetico consenso al Movimento 5 Stelle. Il dato certo è che ad oggi, alle prossime politiche, avremo due Camere elettive con due sistemi elettorali differenti (Consultellum per il Senato e Italicum per la Camera dei Deputati). Quale legge elettorale ci piace di più? Non nascondo il mio favore per un proporzionale puro con premio di coalizione: ora occorre la massima rappresentatività delle forze politiche per far sì che possano tutte partecipare ad una futura legislatura davvero costituente. Perché questo è il messaggio che arriva col voto di domenica: basta slogan, basta leader soli al comando, ora occorre affrontate i problemi reali e cambiare insieme le regole del gioco. Noi lo avevo detto chiaramente al Circo Massimo: non si fanno leggi su questioni etiche a colpi di maggioranza e ponendo la questione di fiducia. Ancora di più questo ragionamento vale per le riforme che modificano il testo cardine della democrazia: la Carta Costituzionale.

Questa vittoria del NO però non dobbiamo leggerla come una vittoria del centro-destra: l’unico movimento politico che ora può gioire è quello guidato da Beppe Grillo. Tutti gli altri si confermano minoranze esigue non capaci di rappresentare veramente le istanze che vengono dai territori. La parola fine poi sull’attuale “accozzaglia” post-berlusconiana si avrà con la formazione dell’eventuale governo tecnico voluto dal Presidente Mattarella.