– di Simone D’Aversa – Pochi giorni fa il ministro Poletti ha affermato: “Meglio un 97 a 21 anni che un 110 e lode a 28!” Quest’ affermazione è un’ ovvietà. Andiamo ad analizzare le motivazioni del perché si verifica questo ritardo nella formazione universitaria. Mettiamo caso che uno studente finisca il corso di studi nei tempi previsti, a cosa va incontro? Sperimenta misurandosi con l’ approccio al mondo del lavoro, un fattore che argina la possibilità al giovane di provare quest’ esperienza. La disoccupazione giovanile ormai sfora il 40% e la risposta del Governo si concretizza in progetti spesso macchinosi come “garanzia giovani”. La dignità dell’ uomo passa anche attraverso il lavoro, è un metodo barbaro quello di elargire lavoro a basso costo  con pagamenti dilazionati. I giovani devono ambire ad un egregia valutazione, immettendosi il prima possibile nel mondo del lavoro. La nostra penisola da tempi remoti partorisce l’ élite mondiale in ogni settore: primario, secondario e terziario. È un peccato ascoltare la nostra gioventù, surclassata da stranieri, spesso comunitari, che si affacciano sul palcoscenico del lavoro in giovane età privando i nostri giovani di qualunque sbocco lavorativo. L’ alternanza scuola-lavoro spesso é organizzata in modo non idoneo;  i ragazzi vengono affidati ad imprese poco attente alla crescita dei giovani lavoratori ma interessate solo a facili guadagni. Lo stage deve essere svolto durante tutto l’ anno scolastico, con cadenza almeno mensile, dai primi anni di scuola. Per gli studenti d’ un istituto tecnico o professionale venire a contatto con il praticantato è un esigenza. Questa classe politica, deve ripartire da chi sarà il futuro del nostro Paese, tornando a garantire loro la dignità.