Di Michele Gottardi – I negozi sono addobbati, le vie delle città sono state illuminate con centinaia di luminarie e ovunque riecheggiano le tradizionali melodie natalizie: il Natale è quell’evento che, duemilasedici anni dopo, ancora scuote i cuori e le coscienze degli uomini. In quest’atmosfera magica, le quotidiane preoccupazioni e tristezze sembrano dileguarsi, rendendoci felici e mansueti, ma non tutti sembrano pensarla così. Anche quest’anno infatti, si sollevate le solite polemiche su come festeggiare il Natale all’interno delle scuole pubbliche, dato che alcuni gesti o parole, secondo i contestatori, possono “offendere” bambini o adulti di fede non cristiana. In queste settimane si sono avvicendati vari episodi finalizzati a s-cristianizzare la ricorrenza della Natività in modo tale da renderla il più possibilmente laica.

Un primo caso è avvenuto a Barzano (Lecco), dove la preside di un istituto comprensivo ha proposto di spostare la tradizionale benedizione natalizia all’esterno dell’orario didattico in quanto non avrebbe alcun legame con le attività curriculari. Di fronte all’inevitabile polverone mediatico, la dirigente scolastica ha però precisato che si è trattato semplicemente di una proposta da discutere nelle sedi opportune, evitando il sopraggiungere di ulteriori polemiche.

A Rimini una scuola primaria ha deciso di bandire dai tradizionali canti natalizi “Tu scendi dalle stelle” in quanto la sua esecuzione “può urtare la sensibilità di bambini e genitori di altre religioni”. Al suo posto si è deciso di cantare un canto africano all’interno di uno spettacolo dedicato alla “fratellanza tra i popoli” e mirato alla “integrazione di tutte le culture”. Sabrina Saccomanni (Associazione Evita Peron) ha dichiarato: “Ragionando in questo modo, fanno perdere ai nostri figli valori e tradizioni importanti. Il 25 dicembre non si è in festa per l’arrivo di Babbo Natale, ma per la nascita di Gesù”.

A Taranto un gruppo di genitori ha scritto una lettera all’Arcivescovo della città per lamentarsi del fatto che alcuni genitori avrebbero chiesto al dirigente scolastico di una scuola di bandire da un recita tutti i canti riguardanti la figura di Gesù. Fortunatamente il caso si è concluso rapidamente: tutti i canti, compresi quelli a tema religioso, verranno eseguiti dagli alunni.

A Pontevico (Brescia) un’altra dirigente scolastica, in occasione di un concerto, ha modificato il brano “Merry Christmas”, sostituendo le parole “canta perché è nato Gesù” con “canta perché è festa per te”. La preside ha giustificato la sua scelta definendola “finalizzata a non dare fastidio agli studenti di religioni diverse”; guarda caso però i bambini dovevano esibirsi presso l’oratorio parrocchiale, un ente cristiano per eccellenza! Di fronte alla decisione della scuola di non indietreggiare, sono intervenuti gli stessi sacerdoti del paese che hanno criticato fortemente la scelta della dirigente e il leader della Lega Nord Matteo Salvini, che ha tuonato: “Chissà se gli insegnati rinunceranno anche alle ferie natalizie. Siamo alla follia”.

Tutti questi episodi non devono essere considerati come dei casi singoli e rari, ma rappresentano la realtà in cui siamo costretti a vivere. Infatti, non solo si sta cercando di sradicare dal nostro Paese quella poca innocua religiosità che è rimasta, ma si vuole addirittura mutare il DNA (esclusivamente cristiano) di una festività come il Natale! Ancor più grave e preoccupante è il fatto che queste critiche giungono da persone che si professano cristiane, ma che in virtù di una fantomatica laicità pretendono di voler negare ciò che è assolutamente innegabile: il Natale rappresenta la nascita di Cristo ed ha perciò un significato essenzialmente religioso.

Aprirsi all’altro non significa negare se stessi o essere fautori di un laicismo illogico e infondato, ma far sì che le diverse culture possano confrontarsi nel rispetto reciproco. E per quanto riguarda i riti e le tradizioni del Natale, le istituzioni scolastiche devono permettere a ciascun genitore o alunno di potere scegliere se parteciparvi o meno, ognuno secondo le proprie convinzioni. Non dobbiamo tollerare che la scuola educhi all’appiattimento culturale: le diversità esistono e sono una risorsa per tutti.