acidita-olio-extra-vergine– A cura di Andrea Rapisarda – L’Antitrust ha deciso di multare pesantemente la catena commerciale della LIDL, colpevole – a suo modo di vedere – di vendere del falso olio extravergine d’oliva. Dagli esami fatti, è parso come da parte di alcune grandi case produttrici sia stata messa in atto una pratica commerciale altamente scorretta. I prodotti analizzati hanno dimostrato di essere in realtà del semplice olio vergine d’oliva, con qualità così infime da vedere al loro interno presenze di muffe, rancido, umidità e riscaldo. L’Antitrust ha deciso di punire LIDL per queste gravi irregolarità con 550 mila euro di multa, visto che la catena di supermercati metteva in vendita le produzioni del marchio Primadonna.

Nel centro del ciclone anche altri grandi marchi del “made in Italy” come Carapelli, Bertoli, Sasso, Coricelli, Santa Sabina e Antica Badia. Su questo scenario hanno fatto aprire gli occhi le analisi portate alle luce dal settimanale Test-Salvagente, che ha evidenziato le gravi irregolarità nel mercato dell’olio extravergine d’oliva. Una situazione su cui ha voluto fare luce la Procura di Torino, che coordinata dal pm Raffaele Guariniello ha fatto subito prelevare e analizzare dai NAS dei campioni sospetti. Per pubblicità ingannevole si sono visti multare molti marchi come la spagnola Deoleo, proprietaria dei marchi Bertolli, Sasso e Carapelli: i prodotti incriminati sono stati il “Bortolli gentile”, il “Sasso classico” e il “Carapelli il frantolio”.

La reazione della Carapelli Firenze SPA è stata di prendere atto della sentenza, dichiarando: “Evidenziamo come le argomentazioni difensive dell’azienda siano state prese in considerazione”. La nota continua: “C’impegniamo a collaborare in piena trasparenza con le autorità. Presteremo inoltre attenzione, come leader di mercato, di proseguire il lavoro iniziato dall’insediamento del nuovo management per incrementare gli standard di qualità e trasparenza”

Irregolarità che coincidono con l’uscita del nuovo decreto 103/2016 del Ministero delle Politiche Agricole, che renderà illegale l’inserimento di simboli d’italianità su oli non interamente realizzati con olive coltivate in Italia. A dare la notizia di questa nuova politica è stata la Coldiretti, facendo riferimento alla pubblicazione interna alla Gazzetta Ufficiale: la nuova legge tratterà i marchi registrati nel nostro Paese dopo il 31 dicembre 1998 e in Europa dopo 31 maggio 2002. Particolarmente importante nella nuova normativa è l’articolo 4, che vieterà di trarre in inganno il consumatore con pubblicità ingannevole e immagini fuorvianti. Il decreto infatti si esprime così a riguardo: “L’art. 4, al comma 1, prevede, in particolare, la sanzionabilità per i produttori che riportano segni, figure o illustrazioni che possono evocare un’origine geografica diversa da quella indicata in etichetta, anche se veritieri. Si tratta di una norma di grande rilevanza perché per la prima volta viene sanzionato il fenomeno del cosiddetto Country sounding per il solo fatto che vi siano sulla confezione dei segni richiamanti un’origine geografica diversa da quella correttamente indicata in etichetta”.

Un altro duro colpo viene inferto al “made in Italy”, che vede questo grosso scandalo in concomitanza alle politiche ministeriali volenterose di aumentare l’importazione di prodotti agricoli dall’estero: l’esempio lampante è quello dell’olio tunisino, importato nonostante nelle nostre terre circoli il miglior olio d’oliva del mondo. Da questa situazione l’unica cosa certa è come la Procura debba fare chiarezza quanto prima con le sue indagini, visti i tanti interessi che ruotano intorno alla produzione d’eccellenza agricola italiana e le politiche intraprese dal governo Renzi.