euro– A cura di Paolo Mancini – La salute dell’Unione Europea, minata dalla difforme legislazione strutturale degli Stati aderenti, attraversa una fase di difficoltà aggregativa che incide negativamente sull’andamento del progetto comunitario. Gli accordi concretizzatisi nel 1999 con l’introduzione negli Stati aderenti della “comune divisa monetaria”, sono stati il frutto di una scelta autoritaria ed intempestiva che ha capovolto i termini del progetto di unificazione europea. L’errore è stato quello di dare una svolta al processo di consolidamento dell’Unione Europea partendo dall’introduzione della moneta unica: viceversa andava prioritariamente realizzato il trasferimento dei poteri ad un governo comunitario soprannazionale con il compito di uniformare la legislazione economica e fiscale dei vari Stati membri. In tal senso si espresse l’autorevole economista Robert Mundell (premiato con il Nobel per l’economia nel 1999) nell’elaborazione della teoria delle Aree Valutarie Ottimali secondo cui un sistema economico formato da aree geografiche con differenti economie, che condividono la stessa moneta, è stabile a condizione che siano presenti dei meccanismi assimilabili a quello idraulico dei vasi comunicanti che garantiscano una perfetta ed uniforme redistribuzione della ricchezza tra tutte le aree facenti parte del sistema. Il divario tra aree con economie difformi in assenza di razionali meccanismi redistributivi è destinato a peggiorare nel tempo, prospettandosi come efficace alternativo rimedio che ciascuno Stato si doti di monete diverse, in modo da regolare i rapporti monetari ed i cambi tenendo conto delle differenti potenzialità economiche delle aree interessate. Nell’Unione Europea non sono previsti adeguati sistemi di compensazione, sicchè in presenza di una struttura organizzativa e normativa come quella attuale – in difetto di una più omogenea disciplina del regime fiscale degli Stati membri – vi sono seri motivi per ripensare ad una diversa regolamentazione del sistema monetario vigente. “Il vero problema sta nell’essere l’Euro una moneta senza Stato”, la cui gestione è affidata ad una autorità soprannazionale di natura tecnica ma non politica, le cui decisioni, influenzate da valutazioni sul flusso monetario, molto spesso confliggono con le esigenze interne degli Stati membri. La politica fiscale é frammentata tra i diversi paesi, difficile da coordinare e la stessa politica monetaria soffre di limitazioni tali da impedire alle autorità monetarie nazionali di utilizzare i flussi monetari per far fronte alle esigenze interne. La conseguenza é che gli Stati membri con economie meno consolidate non potendo ne svalutare ne indebitarsi ulteriormente sopravvivono in una situazione di semi asfissia, provocata dall’austerità cui sono costretti. Prendendo in considerazione il caso italiano, l’introduzione dell’Euro a fronte di qualche modesto beneficio rappresentato dal contenimento del fenomeno inflattivo e dei tassi di interesse, ha provocato, attraverso la confisca occulta di parte del patrimonio dei singoli, il progressivo impoverimento degli italiani, il dimezzamento delle retribuzioni, il raddoppio dei prezzi, la polverizzazione dei risparmi ed in definitiva la crisi del sistema.

Conclusivamente, fermo restando la validità e la fiducia nel progetto di Unione degli Stati Europei, ai fini dell’effettivo conseguimento dei vantaggi derivanti dal progetto comunitario, vanno applicati utili strumenti normativi finalizzati a realizzare la concreta armonizzazione delle legislazioni economiche e fiscali degli Stati membri.